Comunismo

Marxismo, Bolscevismo, Comunismo: tre nomi diversi, ma una matrice unica. Una matrice in nome della quale, nel corso della storia, si sono compiute tragedie efferate. Basti ricordare i Lager di Tito, il regime di Pol-Pot, i milioni di uomini morti a causa della dittatura cinese; passando attraverso i vari Lenin, Stalin, Mao-Tze-Tung, e scusate se al momento non li ricordo tutti…! Ed il tutto in nome degli ideali di Carlo Marx, ma soprattutto in nome di ciò che c’era davvero, dietro e dentro Carlo Marx…! (Postato il 15 aprile 2013)

Karl Heinrich Marx

di D'Auria Giancarlo Evaldo

Non avrei mai creduto che il personaggio "Carlo Marx" nascondesse un animo tanto oscuro ed inquietante. Purtroppo ho dovuto ricredermi leggendo questo sconcertante documento, tratto dal libro "L'altra faccia di Carlo Marx", di Richard Wumbrand. Non ho bisogno di capire se ciò che è riportato nel libro sia vero o falso, perchè ho sempre creduto che l'allontanamento da Dio (o peggio, il denigrare e condannare Dio) porti a simili deformazioni mentali sataniste. Analoghe degenerazioni si riscontrano anche in altri famosissimi personaggi della storia comunista, come Stalin, Andropov, Beria, Ceausescu, Mao Tze-Tung e tanti altri: esiste più che un sospetto che siano tutti così...! (Postato l'8 aprile 2013)

L'altra faccia di Carlo Marx

L'ALTRA FACCIA DI CARLO MARX (di R. Wurmbrand)

Nota sull'Autore:
Richard Wurmbrand era un ateo romeno che in gioventù militò nelle file del comunismo marxista. Credette in Cristo Gesù nel 1935 e divenne cristiano; la qual cosa lo avrebbe esposto, successivamente, ad oltre quattordici anni di feroci persecuzioni, nel corso dei quali venne a più riprese internato nei tristemente famosi gulag del regime filo-sovietico che, nel frattempo, si era instaurato nel suo paese. Il testo contenuto in questo documento è una riduzione dei capitoli più importanti del libro "L'altra faccia di Carlo Marx", di R. Wurmbrand, edito da EUN (Copyright 1984, tutti i diritti riservati).

1. GLI SCRITTI CRISTIANI DI MARX
Prima di diventare un economista e un comunista di fama, Marx era un umanista. Oggi un terzo dell'umanità è marxista. Il marxismo in una forma o in un'altra, è adottato anche da molti nei paesi capitalisti. Marx, si dice, era profondamente umano. Era dominato da una sola idea: come aiutare le masse sfruttate. Ciò che le impoverisce, a quanto egli sosteneva, è il capitalismo. Una volta rovesciato questo sistema corrotto, dopo un periodo transitorio di dittatura del proletariato, emergerà una società in cui ognuno lavorerà in ragione delle proprie capacità, in fabbriche e aziende agricole appartenenti alla collettività, e sarà ricompensato in ragione delle proprie necessità. Non vi sarà uno Stato che governi gli individui; non vi saranno guerre, non rivoluzioni, ma soltanto una fratellanza eterna, universale. Affinchè le masse conseguano la felicità, occorre qualche cosa di più che la semplice distruzione del capitalismo. Marx scrive: «L'abolizione della religione, come illusoria felicità dell'uomo, è un requisito della loro reale felicità». Marx era antireligioso perché la religione impedisce l'adempimento dell'ideale comunista, che egli considerava come la sola soluzione dei problemi del mondo: così i marxisti spiegano la loro posizione. Nella sua prima gioventù Karl Marx si professava cristiano. La sua prima opera scritta è intitolata "L'unione dei fedeli con Cristo". In essa leggiamo queste bellissime parole: « Attraverso l'amore di Cristo volgiamo al tempo stesso i nostri cuori verso i nostri fratelli che sono intimamente a noi legati e per i quali Egli dette se stesso in sacrificio ». Così Marx conosceva un modo perché gli uomini diventassero fratelli gli uni con gli altri: il Cristianesimo. Egli continua: «L'unione con Cristo potrebbe dare un'intima elevazione, il conforto del dolore, una fiducia tranquilla e un cuore suscettibile all'amore umano, ad ogni cosa che sia nobile e grande, non per amore di ambizione e gloria, ma soltanto per amore di Cristo». Pressappoco nello stesso tempo, Marx scrive nella sua tesi "Considerazioni di un giovane sulla scelta di una carriera": «La religione stessa ci insegna che l'Ideale verso il quale tutti tendono, sacrificò Se stesso per l'umanità, e chi mai oserà contestare questa aspirazione? Se abbiamo scelto la posizione nella quale possiamo compiere quanto è più possibile per Lui, allora non potremo mai essere schiacciati dal nostro fardello, perché sono soltanto sacrifici fatti per il bene di tutti». Finanche in un libro astruso di economia politica come "Il Capitale", nel quale le considerazioni circa la religione sono ovviamente di scarsa importanza, il maturo ed anti-religioso Marx scrive, completamente fuori dal contesto, «Il Cristianesimo è la forma più idonea di religione».
2. OULANEM VUOLE VENDETTA
Poco dopo che Marx ebbe ricevuto il diploma, nella sua vita accadde qualche cosa: divenne profondamente, appassionatamente anti-religioso. Incominciò a emergere un nuovo Marx. Egli scrive in un poema: «Desidero vendicarmi contro quell'Uno che regna lassù». Così era convinto che lassù ci fosse Uno che regna. Era in lite con Lui. Ma quell'Uno lassù non gli aveva fatto nulla di male. Marx apparteneva a una famiglia relativamente benestante, non aveva sofferto la fame nella propria infanzia. Stava molto meglio di molti suoi compagni di scuola. Che cosa aveva prodotto questo terribile odio contro Dio? A una età in cui ogni giovanotto normale ha sogni di far del bene agli altri e di preparare una bella carriera per se stesso, perché dovrebbe aver scritto questi versi nel suo poema "Invocazione d'un disperato"?:
Su in alto costruirò il mio trono,
Fredda e tremenda sarà la sua vetta.
Terrore superstizioso ne sarà il baluardo,
Suo ministro, l'angoscia più nera.
Chi lo guarderà con occhio sano
Distoglierà pallido e muto come morto lo sguardo,
Afferrato da forza di morte cieca e tremante.
Possa la buona sorte scavargli la tomba.
Marx sognava di rovinare il mondo creato da Dio. In un altro poema diceva:
Potrò allora marciare in trionfo,
Come un dio, fra le rovine del loro regno.
Ogni mia parola è fuoco e azione
Il mio petto è uguale a quello del Creatore.

(Citato in «Deutsche Tagespost», Germania Occidentale, 31 dicembre 1982.)
Le parole «Su in alto costruirò il mio trono» e la confessione che da colui che siede su questo trono, emaneranno soltanto terrore e angoscia, ci rammentano l'orgogliosa vanteria di Lucifero: «Io salirò in cielo, eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio» (Isaia 14:13). Ma perché Marx desidera questo trono? La risposta si trova in un dramma poco conosciuto che compose anche durante i suoi inni da studente. Si intitola "Oulanem". Per spiegare questo titolo bisogna fare una digressione. Esiste una “chiesa satanista”. Uno dei suoi riti è la messa nera, che i satanisti recitano a mezzanotte. Nei candelieri sono poste candele nere rovesciate. Il “sacerdote” dice tutto ciò che è prescritto nel libro di preghiere, ma le legge dalla fine verso il principio; i nomi della divinità vengono letti pronunciandoli alla rovescia. Un crocifisso è fissato pure alla rovescia, oppure viene calpestato. Durante la messa nera viene bruciata una Bibbia. Tutti i presenti promettono di commettere ogni peccato, e di non fare mai nulla di buono. Segue un'orgia. È caratteristico che Oulanem sia un'inversione del nome biblico per Gesù che in ebraico significa: «Dio con noi». Simili inversioni di nomi sono caratteristici della magia nera; saremo capaci di capire il dramma "Oulanem" soltanto alla luce di una strana confessione che Marx fece in un poema chiamato Il giocatore, più tardi rappresentato da lui stesso e dai suoi seguaci:
Sorgono i vapori infernali e mi riempiono il cervello
Sin che impazzisco e mi si cambia il cuore.
Vedi tu questa spada?
Me l'ha venduta il prìncipe delle tenebre.
Per me batte l'ore e dà i segni.
Sempre più audacemente suono la danza della morte.

Questi versi assumono uno speciale significato, quando apprendiamo che nei riti della più alta iniziazione nel culto satanista viene venduta al candidato una “spada incantata” che garantisce il successo. Egli la paga firmando un patto col sangue estratto dai suoi polsi, per cui la sua anima, dopo morte, apparterrà a Satana. Cito ora dal dramma "Oulanem":
Ed essi son anche Oulanem, Oulanem,
Il nome risuona ancora come la morte,
Risuona ancora sino a spegnersi miseramente.
Ho però nelle mie giovani braccia,
Di che stringervi e schiacciarvi (l'umanità personificata)
Con la forza d'una tempesta,
Mentre per entrambi l'abisso si disserra nel buio.
Sprofonderai, ed io ti seguirò ridendo,
Sussurrandoti all'orecchio, « Discendi,
Vieni con me, amico!

Marx desidera trascinare tutta l'umanità nell’abisso riservato per il Diavolo e i suoi angeli (si veda Apocalisse 20:3). Chi parla attraverso Marx in questo dramma? È ragionevole attendersi che un giovane studente mantenga come sogno della sua vita la visione dell'umanità, mentre penetra nell'abisso delle “tenebre eterne”, mentre egli stesso ride seguendo coloro che ha guidato verso l'incredulità? In nessun luogo al mondo questo ideale è coltivato, eccetto che nei riti iniziatici della chiesa satanista, ai suoi gradi più elevati. Viene il momento della morte, per Oulanem. Le sue parole sono:
Rovina, rovina. Il mio tempo è trascorso.
L'orologio s'è fermato, la minuscola casa è crollata,
Presto stringerò al mio petto l'eternità
Presto ululerò colossali anatemi sull'umanità.

Erano piaciute a Marx le parole di Mefistofele nel Faust«Tutto ciò che esiste, merita d'essere distrutto». Tutto: compreso il proletariato e i compagni. Marx citava queste parole in «Il 18 Brumaio». Stalin si è fondato su quelle, e ha distrutto la sua stessa famiglia. La setta satanista non è materialista: crede nella vita eterna. Oulanem, la persona in nome della quale Marx parla, non contesta la vita eterna. Egli la afferma, però come una vita d'odio esaltato all'estremo. Merita osservare che eternità, per i demoni, significa «tormento». È lo stesso per Marx:
Ah! L'eternità! È il nostro perpetuo dolore,
Un'indescrivibile, incommensurabile Morte...

Incominciamo a capire che cosa sia accaduto al giovane Marx. Era partito da convinzioni cristiane, ma non aveva condotto una vita ad esse adeguata. La sua corrispondenza col padre dà testimonianza del suo sperperare grandi somme di danaro in divertimenti e del suo continuo contestare l'autorità paterna circa questo ed altro. Allora verosimilmente può essere avvenuto il suo indottrinamento nella chiesa altamente segreta di Satana, e che sia stato iniziato ai suoi riti. Satana, che i suoi adoratori vedono nelle loro orge allucinanti, parla per loro bocca. Così Marx ne è soltanto il portavoce quando nel suo poema "Invocazione d'un disperato" pronuncia le parole: «Io desidero vendicarmi contro quell'Uno che regna lassù». Ed ecco la fine di "Oulanem":
Se vi è qualcosa che possa distruggere,
Vi piomberò dentro, anche se porterò il mondo
Nella rovina.
Il mondo che sorge fra me e l'abisso,
Lo farò a pezzi, con le mie
Durevoli maledizioni.
Stringerò fra le mie braccia la sua dura realtà,
Abbracciandomi, il mondo perirà in silenzio,
E sprofonderà nell'estremo nulla.
Perire, senza esistenza: questo sarebbe
Realmente vivere.

Marx è stato ispirato probabilmente dalle parole del marchese de Sade: «Aborro la natura...vorrei spaccare il suo pianeta, ostacolare il suo procedere, arrestare le orbite degli astri, rovesciare i globi che galleggiano nello spazio, distruggere ciò che serve la natura, proteggere ciò che le nuoce, in una parola desidero insultarla nelle mie opere...forse saremo capaci di attaccare il sole, privarne l'universo o adoperarlo per dar fuoco al mondo. Questi sarebbero veri delitti». Perché de Sade e Marx volevano propagare cose tanto orribili? Il primo lo dice. Egli loda gli scrittori che hanno come unico scopo, quando stampano i loro spaventevoli sistemi, di estendere dopo la loro morte il numero dei loro delitti. Non possono più commetterli, ma i loro scritti maledetti fanno sì che gli uomini li compiano, e questa “dolce idea” li conforta sul letto di morte. In "Oulanem" Marx segue l’obiettivo del Diavolo: consegnare alla dannazione l'intera razza umana. Oulanem è probabilmente l'unico dramma al mondo in cui tutti i personaggi sono consapevoli della loro corruzione, e la ostentano e la celebrano con convinzione. In questo dramma non c'è bianco e nero, non vi esistono Claudio e Ofelia, Jago e Desdemona. Qui tutti son neri e rivelano aspetti mefistofelici. Tutti sono satanici, corrotti e dannati dal destino.
3. STRANI RITI NELLA FAMIGLIA DI MARX
Quando scriveva queste cose Marx, un genio prematuro, aveva diciott'anni. Il programma della sua vita era già stabilito. Non vi era accenno di servire l'umanità, il proletariato o il socialismo. Desiderava portare il mondo in rovina. Desiderava costruire per sé un trono la cui difesa doveva essere il brivido di paura degli uomini. La seguente citazione è tratta da un epigramma di Marx su Hegel:
Perché ho scoperto il più alto,
E perché ho trovato il più profondo, con la meditazione,
Son grande come un Dio;
Come Lui, mi rivesto dell'oscurità.

(Citato da "Deutsche Tagespost", Germania, 31 dicembre 1982)
Nel suo poema «La vergine pallida» Marx scrive:
Così ho perduto il cielo, Lo so ben io.
La mia anima, un tempo fedele a Dio,
È destinata all'inferno.
Non c'è bisogno di commenti.

All'inizio, Marx aveva ambizioni artistiche. I suoi poemi e il dramma sono importanti in quanto rivelano il suo stato d'animo; ma essendo privi di valore letterario non ricevettero nessun riconoscimento. La mancanza di successo nel dramma ci ha dato un Goebbels, il ministro nazionalsocialista della propaganda; l'insuccesso in filosofia, ci ha dato un Rosemberg, il filosofo del razzismo tedesco; la mancanza di successo in pittura ed architettura ci ha dato un Hitler. Anche Hitler era poeta. Si può star certi che non abbia mai letto le poesie di Marx, la somiglianza però è sorprendente. Nei suoi poemi egli cita le stesse pratiche sataniste. Ne cito una:
Nelle notti tempestose vado talvolta
Alla quercia di Wotan nel silente giardino
Per stringere un patto con le forze oscure...
Il chiaro di luna fa apparire caratteri runici
Tutti coloro che erano straordinari durante il giorno
Diventano piccoli di fronte alla formula magica...

(Muller, Schoenhausen, «La soluzione dell'enigma Adolf Hitler»)
Wotan è il dio principale della mitologia tedesca. I caratteri runici erano i segni che a quei tempi si usavano per scrivere. Hitler abbandonò ben presto la carriera poetica; così Marx, che la cambiò per quella di un rivoluzionario in nome di Satana, contro una società che non aveva apprezzato i suoi poemi. Questo, è in modo persuasivo un motivo per la sua ribellione; un altro motivo, l'essere disprezzato per le sue origini ebraiche. Due anni dopo le preoccupazioni espresse da suo padre, nel 1839, il giovane Marx scrisse «La differenza fra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro », nella prefazione della quale si allineava con Eschilo: « Nutro odio contro tutti gli dèi». Egli specificava dicendo di essere contro tutti gli dèi in terra e in cielo che non riconoscono l'autoconsapevolezza umana come la divinità suprema. Marx era un nemico dichiarato di tutti gli dèi, un uomo che aveva acquistato la sua spada dal principe delle tenebre, al prezzo della propria anima. Aveva dichiarato che il proprio scopo era l'attirare tutta l'umanità nell'abisso, e seguirla ridendo. Sua figlia Eleanor dice che, quando erano bambine, Marx aveva raccontato molte storie a lei e alle sue sorelle. Quella che le piaceva di più parlava di un certo Hans Rockle: «Il racconto di quella storia durava mesi e mesi, perché era una storia lunga, lunga, e non finiva mai. Hans Rockle era una strega, che aveva un negozio con giocattoli e molti debiti. Benché fosse una strega, era sempre in ristrettezze finanziarie. Perciò doveva vendere, contrariamente alla propria volontà, tutte le sue cose belle, l'una dopo l'altra, al Diavolo...! Alcune di queste avventure erano orribili, e facevano rizzare i capelli». È normale per un padre raccontare ai suoi bambini piccini storie terrificanti circa il vendere al Diavolo i propri tesori più cari? Robert Payne, nel suo libro "Marx", racconta anche lui di questo fatto con ampi particolari, come riferiti da Eleanor. Come l'infelice Rockle, la maga, vendesse i giocattoli con riluttanza. Tenendoseli stretti fino all'ultimo momento. Ma dato che aveva fatto un patto col Diavolo, non c'era scampo. Il biografo di Marx continua: «Scarsi dubbi possono esservi che quelle storie interminabili fossero autobiografiche...Egli aveva la visione del mondo del diavolo, e la sua malignità. Talvolta sembrava sapesse che stava compiendo opere di male». Quando Marx aveva finito "Oulanem" e gli altri suoi primi poemi in cui scriveva di avere un patto col Diavolo, non pensava al socialismo. Addirittura lo combatteva. Era redattore di una rivista tedesca, la «Rheinische Zeitung», che «non concede alle idee comuniste neppure una validità teorica nell'attuale forma, tanto meno desidera la loro realizzazione pratica, che ad ogni modo considera impossibile...I tentativi da parte delle masse di applicare le idee comuniste, possono trovar risposta col cannone non appena diventino pericolosi...».
4. MARX INCONTRA HESS E BAKUNIN
Dopo di aver raggiunto questa fase del suo pensiero, Marx conosce Moses Hess, l'uomo che rappresentò la parte più importante nella sua vita, e che gli fece abbracciare l'ideale socialista. Hess lo chiama «il dottor Marx, il mio idolo, che darà l'ultimo calcio alla religione». Ecco, dunque, il suo primo scopo era dare un calcio alla religione, non era il socialismo. Georg Jung, altro amico di Marx in quell'epoca, nel 1841 scrive ancor più chiaramente che Marx di certo scaccerà Dio dal suo cielo e gli farà addirittura causa. Queste erano dunque le aspettative di coloro i quali iniziarono Marx alle profondità del satanismo. Non era affatto vero che Marx albergasse ideali sociali elevati al proposito di aiutare l'umanità, che la religione fosse un ostacolo per l'adempimento di questo ideale, e che per questa ragione Marx avesse abbracciato un atteggiamento antireligioso. Marx già odiava ogni nozione di Dio, e in particolare il Cristianesimo. Era disposto ad essere l'uomo che avrebbe cacciato Dio. Tutto ciò prima ancora che avesse aderito al socialismo. Il socialismo era soltanto l'esca per indurre proletari e intellettuali ad abbracciare questo diabolico ideale. Quando i sovietici, ai primi tempi, adottarono lo slogan «scacciamo i capitalisti dalla terra e Dio dal cielo», non facevano che adempiere il retaggio di Karl Marx. Una delle peculiarità della magìa nera, come abbiamo già detto, sta nell'inversione dei nomi. Le inversioni permeavano a tal punto tutto il modo di pensare di Marx, che egli le adoperava dovunque. Rispose alla "Filosofia della miseria" di Proudhon con un altro volume intitolato La miseria della "Filosofia"; scrisse anche «Dobbiamo usare anziché l'arma della critica, la critica delle armi», ecc. Marx non parlava molto, pubblicamente, di metafisica, ma possiamo dedurre il suo modo di vedere dalle persone con le quali si incontrava. Uno dei suoi compagni nella Prima Internazionale era l'anarchico russo Mikhail Bakunin, che scriveva: «Il Maligno rappresenta la ribellione satanica contro l'autorità divina, ribellione nella quale vediamo il germe fecondo di tutte le emancipazioni umane, la Rivoluzione. I socialisti si riconoscono l'un l'altro con le parole: “Nel nome di Colui al quale è stata commessa una grande ingiustizia”. Satana è l'eterno ribelle, il primo libero pensatore ed emancipatore dei mondi. Egli fa sì che l'uomo si vergogni della sua bestiale ignoranza e obbedienza; lo emancipa, imprime sulla sua fronte il suggello della libertà e dell'umanità, spronandolo a disobbedire e a mangiare il frutto della conoscenza». Bakunin non si limita a lodare Lucifero; ha un programma concreto di rivoluzione, ma non tale da liberare il povero dallo sfruttamento. Egli scrive: «In questa rivoluzione dovremo risvegliare il Diavolo nelle persone, dovremo attizzare in loro le più basse passioni. La nostra missione è distruggere, non edificare. La passione per la distruzione è una passione creativa». Karl Marx formò la Prima Internazionale insieme con Bakunin, e avallò questo strano programma. Marx ed Engels dissero nel «Manifesto Comunista», che il proletario vede la legge, la moralità e la religione, come «altrettanti pregiudizi borghesi, dietro i quali si nascondono in agguato altrettanti interessi borghesi». Bakunin rivela che Proudhon, un altro dei principali pensatori socialisti, che in quell'epoca era amico di Karl Marx, «adorava anche lui Satana». Hess aveva presentato Marx a Proudhon, che aveva adottato per la sua capigliatura lo stesso stile tipico della setta satanista del diciannovesimo secolo di Joanna Southcott. Proudhon ne «La filosofia della miseria», dichiarava: «Vieni, Satana», egli esclama, «calunniato dai piccoli e dai re». «Dio è stupidità e codardia; Dio è ipocrisia e falsità; Dio è tirannia e povertà; Dio è malvagio. Io giuro, Dio, con la mano distesa verso il cielo, che non sei niente più che l'esecutore della mia ragione, lo scettro della mia coscienza...». Simili pensieri non sono originali, sono il contenuto usuale delle prediche nel culto satanista. Più tardi Marx litigò con Proudhon, e scrisse un libro per contraddire «La filosofia della miseria». Ma Marx contraddiceva soltanto dottrine economiche di minore importanza. Non aveva obiezioni alla ribellione demoniaca di Proudhon. Heinrich Heine, il celebre poeta tedesco, era un terzo amico intimo di Marx. Era anche lui un appassionato di Satana, che descriveva come «delizioso e affascinante» (cfr. Ristory of the devil, di Paul Carus, Bell Publ. Co. p. 435.) Marx la pensava come queste persone del suo ambiente. Lunacharskij, un filosofo eminente che era stato ministro dell'Educazione nell'Unione Sovietica, scrisse in «Socialismo e Religione» che Marx aveva messo da parte ogni contatto con Dio e aveva portato Satana alla testa delle colonne in marcia del proletariato. A questo punto è essenziale dichiarare fermamente che Marx e i suoi compagni, sebbene “anti-Dio”, non erano atei come si descrivono i marxisti attuali. Infatti, sebbene inveissero apertamente contro Dio e lo insultassero, essi odiavano un Dio nel quale credevano. Non è la sua esistenza che viene contestata; ma la sua supremazia. Quando la rivoluzione scoppiò in Parigi nel 1871, il comunardo Flourens dichiarò: "Il nostro nemico è Dio. L'odio verso Dio è il principio della saggezza". Marx lodava altamente i comunardi, che proclamavano apertamente questo fine. Ma che cosa ha a che fare tutto ciò con una più equa distribuzione dei beni, o con migliori istituzioni sociali? Queste sono soltanto bardature esteriori per nascondere lo scopo reale: lo sradicamento totale di Dio e del suo culto. Oggi vediamo le prove di ciò in paesi come la Cina Rossa, l'Albania, la Corea del Nord, dove sono state chiuse tutte le chiese, le moschee e le pagode.
5. POESIA DIABOLICA
Nei poemi di Marx «Invocazione di un disperato» e «Orgoglio umano», la suprema invocazione dell'uomo è per la propria grandezza. Se l'uomo è condannato a perire attraverso la propria grandezza ribelle, sarà una catastrofe cosmica, ma egli morirà come un essere divino, compianto dai demoni. La ballata di Marx «Il Giuocatore» registra le lamentele del cantore contro Dio. Emerge dai tenebrosi abissi dell'Inferno «che tormenta la mente ed ammalia il cuore, e la sua danza è la danza della morte». Il menestrello sguaina la sua spada e la getta nell'anima del poeta. L'arte che emerge dai tenebrosi abissi dell'inferno, e tormenta la mente...! Questo ci ricorda le parole del rivoluzionario americano Jerry Rubin in "Do It": «Abbiamo combinato gioventù, musica, sesso, droga e ribellione, col tradimento: e questa è una combinazione difficile da battere». Nel suo poema «Orgoglio umano» Marx ammette che il suo scopo non è di migliorare il mondo, riformarlo o rivoluzionarlo, ma semplicemente di rovinarlo e godere al vederlo andare in rovina:
Con sdegno lancerò il mio guanto
Sulla faccia del mondo, in pieno,
E vedrò il crollo di questo pigmeo gigante
La cui caduta non spegnerà il mio ardore
Andrò poi, come un dio vittorioso, alla ventura
Tra le rovine del mondo
E dando alle mie parole forza d’azione
Mi sentirò pari al Creatore.

6. LE VITE DEVASTATE DI MARX ED ENGELS
Arnold Kunzli, nel suo volume «Karl Marx: uno psico-gramma» descrive la vita di Marx, nella quale sono inclusi i suicidi di due figlie e di un genero. Tre figli morirono di malnutrizione. Anche la figlia Laura, sposata col socialista Laforgue, vide morire tre dei suoi figlioli. Quindi lei e il marito si uccisero insieme. Un'altra figlia, Eleonora, decise di fare lo stesso col marito. Essa morì, lui si ritirò all'ultimo momento. Marx non sentì nessun obbligo di guadagnarsi di che mantenere la propria famiglia, benché avesse potuto farlo facilmente data la sua vasta conoscenza delle lingue. Visse accattando da Engels. Ebbe un figlio illegittimo da una delle sue donne di servizio, e più tardi lo attribuì a Engels, che accettò di prestarsi al gioco. Beveva forte. Rjazanov, Direttore dell'Istituto Marx-Engels di Mosca, ammette questo fatto nel suo libro «Karl Marx, uomo, pensatore e rivoluzionario». Visto che abbiamo citato Engels, è opportuno dire qualche parola a suo proposito. Engels era stato educato in una famiglia pietista, e nella sua gioventù aveva composto bellissimi poemi cristiani. Dopo che ebbe conosciuto Marx, scrisse di lui: «Chi si dà alla caccia con ardore selvaggio? Un uomo tenebroso di Treviri» (luogo di nascita di Marx); «un notevole mostro. Non cammina né corre, balza sui talloni e infierisce, pieno d'ira come se volesse afferrare la tenda ampia dei cieli e gettarla sulla terra. Distende le braccia in alto nell'aria; stringe i pugni minacciosi e infuria incessantemente, come se diecimila diavoli lo trascinassero per i capelli». Engels cominciò ad allontanarsi dalla fede cristiana dopo aver letto il libro dell’eretico Bruno Bauer, dopodiché si associò a colui che egli stesso aveva definito «un mostro posseduto da diecimila diavoli». Bruno Bauer era un teologo liberale, creatore del “cristianesimo materialistico”, che affermava che Gesù era un uomo qualunque. Bauer scriveva al suo amico Arnold Ruge, anche lui amico di Marx e di Engels, il 16 dicembre 1841: «Qui all'Università tengo le mie lezioni dinanzi a un vasto pubblico. Non riconosco me stesso quando pronuncio dalla cattedra le mie bestemmie! Sono tanto grandi che questi ragazzi, che nessuno dovrebbe offendere, alla fine hanno i capelli ritti. Il mio spirito blasfemo sarà soddisfatto soltanto se sarò autorizzato a predicare apertamente come professore del sistema ateo». L'uomo che convinse Engels a diventare comunista fu lo stesso Moses Hess che aveva già convinto Marx. Dopo aver conosciuto Engels a Colonia, Hess scrive: «Si separò da me come un comunista ultrazelante. È così che produco devastazioni...». Produrre devastazioni: era questo lo scopo supremo di Hess nella vita? Rolv Heuer descrive la vita finanziaria sregolata di Marx, in «Genio e ricchezze»: «Mentre era studente a Berlino, il figlio di papà Marx riceveva 700 talleri l'anno come assegno». Questa era una somma enorme perché a quell'epoca soltanto un cinque per cento della popolazione aveva un reddito annuo superiore ai 300 talleri. Durante il corso della sua vita Marx ricevette da Engels circa sei milioni di franchi francesi (cifre dell'Istituto Marx-Engels). Egli bramava sempre qualche eredità. Mentre un suo zio era in agonia, Marx scrisse: «Se quel cane morisse, io sarei fuori dai guai», al che Engels rispondeva: «Mi congratulo con voi per la malattia di colui che ostacola un'eredità, e spero che la catastrofe accada adesso». Quindi il «cane» morì. Marx scrive, in data 8 marzo 1855: «Un evento molto lieto. Ieri ci è stato detto della morte dello zio 90enne di mia moglie. Mia moglie riceverà circa 100 lire sterline; anche di più, se il vecchio cane non ha lasciato una parte del suo danaro alla signora che amministrava la sua casa». Non aveva sentimenti più gentili per coloro che gli erano molto più vicini di quello zio. Non era in relazione con la propria madre. Nel dicembre 1863 scrisse a Engels: «Due ore fa è arrivato un telegramma per dirmi che mia madre è morta. Il Fato aveva bisogno di prendere un membro della famiglia. Io avevo già un piede nella tomba. In queste circostanze, sono più necessario io che la vecchia donna. Debbo andare a Treviri per l'eredità ». Questo è tutto ciò che aveva da dire a proposito della scomparsa di sua madre. Marx perdette molto denaro alla Borsa, dove lui, l'economista, sapeva soltanto perdere. Dato che la setta satanista è strettamente segreta, esistono solo pochi indizi sulla possibilità che Marx le fosse legato. Un altro anello della catena di prove già considerate potrebbe trovarsi nella sua stessa vita sregolata. Marx era un intellettuale di grosso calibro, e così anche Engels. Ma la loro corrispondenza è piena di oscenità, non comuni davvero in quella classe sociale. Il turpiloquio vi abbonda, e non c'è una sola lettera nella quale si senta un idealista che parla del suo sogno umanistico o socialista. Benché fosse ebreo, quanto a stirpe, scrisse un pernicioso libro anti-ebraico intitolato «La questione ebraica». Nel 1856 scrisse sulla «New York Tribune» un articolo intitolato «Il prestito russo» nel quale leggiamo: «Sappiamo che dietro ogni tiranno c'è un ebreo, come c'è un gesuita dietro ogni papa. Come l'esercito dei gesuiti uccide ogni libero pensiero dal quale il desiderio degli oppressi potrebbe avere possibilità di successo, così l'utilità delle guerre promosse dai capitalisti cesserebbe, se non fosse per gli ebrei che rubano i tesori dell'umanità. Il fatto che gli ebrei siano diventati tanto forti da mettere in pericolo la vita del mondo, ci induce a svelare la loro organizzazione, i loro scopi, affinchè il loro lezzo possa risvegliare i lavoratori del mondo a combatterli e ad eliminare un simile cancro». Forse che Hitler diceva di peggio? Molti altri comunisti ebrei imitarono Marx nel suo odio contro gli Israeliti. L'ebrea Ruth Fisher, ben nota dirigente comunista tedesca, membro del Parlamento, disse: «Schiacciate i capitalisti ebrei, appiccateli alle lanterne; calpestateli sotto i vostri piedi» (Ossip Flechtsheim, «Il partito comunista di Germania, nella repubblica di Weimar», Offenbach 1948). Perché soltanto i capitalisti ebrei e non anche gli altri? E' una domanda che rimane senza risposta. Marx odiava gli ebrei, ma anche i tedeschi. Egli parlava de «lo stupido popolo tedesco...la disgustosa ristrettezza mentale nazionale dei tedeschi...» e diceva che «tedeschi, cinesi ed ebrei debbono essere paragonati a venditori ambulanti e piccoli commercianti». I russi, li chiamava «mangiacavoli». I popoli slavi «rifiuti etnici». Nel suo riepilogo annuale del 1848 Marx scrive della «plebaglia slava», in cui sono compresi russi, cechi e croati. Queste «razze retrograde» non potevano attendersi nulla dal destino, all'infuori «dell'immediato compito di perire nella tempesta rivoluzionaria del mondo». «La futura guerra mondiale farà scomparire dalla faccia della terra non solo le classi reazionarie e le dinastie, ma interi popoli reazionari. E questo sarà il progresso». «Il loro stesso nome scomparirà» (Cit. in Bertrand Wolfe, Marxism, New York, Dial Press, 1965). Engels scriveva seguendo lo stesso filone: «La prossima guerra mondiale sarà causa della scomparsa di molti popoli reazionari. Anche questo è progresso» (M.E.W., volume VI, p. 176). Marx identificava la gente nera con l'espressione «idioti» e nella corrispondenza privata faceva uso del termine «nigger», che in America è considerato offensivo. Chiamava il suo rivale, Lassalle, «the Jewish nigger», come chi dicesse «quel negraccio giudaico» e precisava chiaramente che non lo intendeva come epiteto di disprezzo per una sola persona. «Mi appare ora assolutamente chiaro che, come dimostrano tanto la forma della sua testa che la struttura dei suoi capelli, discende dai Negri che presero parte alla fuga di Mosè dall'Egitto (a meno che sua madre o sua nonna dal lato paterno non abbiano avuto un'ibridazione con un negro) l'indiscrezione con la quale si fa avanti è anche tipicamente negresca». Marx difendeva anche lo schiavismo nord-americano. Per questo litigò col suo amico Proudhon. Quest'ultimo aveva preconizzato l'emancipazione degli schiavi negli Stati Uniti. Marx aveva risposto: «Senza lo schiavismo, l'America del Nord, il paese dove è maggiore il progresso, si trasformerebbe in un paese patriarcale. Cancella l'America del Nord dalla carta del mondo, e avrai l'anarchia: il completo decadimento del commercio e della civiltà moderni. Abolisci la schiavitù ed avrai cancellato l'America dalla carta delle nazioni» (citato in Karl Marx Racist («K.M. razzista» di Nathaniel Weyl, Arlington House). Marx scrisse anche "To the devil the British", «Al diavolo i Britannici» (M.E.W., volume XXXV, p. 122). Ralph Buultjen pubblicò un libro intitolato «Il segreto mortale di Karl Marx». In esso dimostrava che Marx aveva generato un figlio illegittimo e occultò il fatto, conformandosi così alla morale vittoriana. Engels accettò di far passare il bambino come suo, ma non se ne occupò mai; cosicché crebbe in povertà. Nel «Manifesto comunista» Marx aveva inveito contro i capitalisti, «che avevano a loro disposizione le mogli e le figlie dei loro proletari». Marx aveva avuto questo bambino dalla sua donna di servizio Helen Demuth. La figlia preferita di Marx era Eleanor. La chiamava Tussy, e diceva frequentemente «Tussy è come me». Essa fu sconvolta quando seppe di quel fatto da Engels sul letto di morte. Si uccise più tardi, come fece anche sua sorella Laura. C'è anche una macchia ancor più oscura nella vita del grande rivoluzionario Karl Marx. Il periodico tedesco «Reichsruf» del 9 gennaio 1960 pubblicò la notizia che il Cancelliere austriaco Raabe aveva regalato a Nikita Chruscev, allora dittatore dell'Unione Sovietica, una lettera originale di Karl Marx. Chruscev non la gradì, perché era una prova che Marx era stato un informatore prezzolato della Polizia austriaca, che spiava sui rivoluzionari. La lettera era stata trovata accidentalmente in un archivio segreto. Dimostrava che Marx, informatore della polizia, forniva notizie contro i suoi compagni durante il suo esilio a Londra. Per ogni notizia riceveva 25 dollari. Le sue comunicazioni riguardavano gli esuli rivoluzionari in Londra, Parigi e nella Svizzera. Uno di coloro contro i quali informava era Ruge, che si considerava un amico intimo di Marx. Esistono ancora lettere fra Marx e Ruge improntate a una relazione di cordiale amicizia. Con l'approvazione di suo padre, Eleanor sposò Edward Aveling, un amico di Annie Besant; egli era una personalità spiccata nel satanismo. Faceva conferenze su argomenti come «La malvagità di Dio» (esattamente come fanno i satanisti; ricordiamo che a differenza degli atei, essi non negano l'esistenza di Dio, se non pubblicamente per ingannare gli altri; sanno della Sua esistenza, ma amano descriverlo malvagio). Nelle sue conferenze, egli tentava di dimostrare che Dio è «un incoraggiatore della poligamia e un istigatore del furto», e pretendeva il diritto a bestemmiare.
7. LETTERE FAMILIARI
Un altro possibile indizio è contenuto in una lettera scritta a Marx dal figlio Edgar il 31 marzo 1854. Incomincia con le parole stupefacenti, «Mio caro diavolo». Chi ha mai visto un figlio rivolgersi così al proprio padre? Tuttavia è così che un satanista apostrofa i suoi cari. Non è meno significativo che la moglie di Marx si rivolga a lui come segue: «La tua ultima lettera pastorale, o gran sacerdote e vescovo di anime, ha di nuovo dato un tranquillo riposo alla tua povera pecorella». La lettera è del 31 marzo 1854. Marx aveva espresso il suo desiderio, nel «Manifesto Comunista», di abolire tutte le religioni; il che dovrebbe implicare anche l'abolizione del culto satanista. Tuttavia sua moglie parla di lui come gran sacerdote e vescovo. Di quale religione? La sola religione europea che abbia gran sacerdoti, è la satanista. Quali “lettere pastorali” scriveva Marx, l'uomo creduto ateo? Dove sono? Questa è una parte della vita di Marx sulla quale non si è indagato.
8. TESTIMONIANZE DEI BIOGRAFI
Alcuni biografi di Marx potrebbero aver avuto un'intuizione a proposito della connessione fra il culto del Diavolo e il soggetto del loro volume, ma, non avendo la necessaria preparazione spirituale, non avrebbero potuto capire i fatti che avevano dinanzi agli occhi. Tuttavia la loro testimonianza è interessante. Il marxista Franz Mehring scriveva nel suo libro "Karl Marx": «Sebbene il padre di Karl Marx fosse morto pochi giorni dopo il ventesimo compleanno del figlio, sembra che abbia osservato con segreta apprensione il demonio nel suo figlio favorito. Henry Marx non pensava e non poteva aver pensato che il ricco retaggio di cultura borghese che lasciava al figlio, come preziosa eredità per la vita, sarebbe valso soltanto a trasmettere il demone che temeva». Marx morì nella disperazione, come avviene per tutti i satanisti. Il 25 maggio 1883 scriveva ad Engels: «Come inutile e vuota è la vita, ma quanto desiderabile!». Vi è un segreto dietro Marx, che solo pochi marxisti conoscono. Lenin scrisse: «Dopo mezzo secolo, nessuno fra i marxisti ha compreso Marx». Vi è anche un segreto dietro la vita di Lenin. Egli scrive così sullo Stato sovietico: «Lo Stato non funziona come desideravamo. Come funziona? La macchina non obbedisce. C'è un uomo al volante, e sembra che la guidi, ma la macchina non si dirige nella direzione voluta. Si muove secondo i desideri di un'altra forza». Qual è questa altra forza misteriosa che si sostituisce finanche ai piani dei capi bolscevichi? Si sono essi venduti a una forza che speravano di padroneggiare, ma che si è dimostrata più potente di quanto essi prevedessero, e che li ha portati alla disperazione? In una lettera del 1921 Lenin scrive: «Spero che verremo appiccati con una corda puzzolente. E non ho perduto la speranza che ciò accadesse, perché non possiamo condannare questa sporca burocrazia. Se ciò accadrà, sarà ben fatto». Questa era l'ultima speranza di Lenin dopo un'intera vita di lotta per la causa comunista: essere giustamente impiccato su una corda puzzolente. Questa speranza non si realizzò durante la sua vita, ma quasi tutti i suoi collaboratori alla fine vennero giustiziati da Stalin, dopo di aver confessato pubblicamente di aver servito altre potenze piuttosto che il proletariato che avevano finto di aiutare. Quale confessione da Lenin: «Spero che verremo appiccati con una corda puzzolente!».
9. LENIN - BUKHARIN - STALIN - MAO - CEAUSESCU
A questo punto può essere interessante dare un'occhiata a qualche marxista moderno. Bukharin, segretario generale dell'Internazionale comunista e uno dei principali dottrinari marxisti di questo secolo, nella sua biografia scrive che, sin dall'età di tredici anni, aspirava a diventare l'Anticristo. Rendendosi conto che l'Anticristo doveva essere figlio dell'apocalittica grande meretrice, aveva insistito affinchè sua madre confessasse di essere stata una meretrice. Bukharin si rese conto troppo tardi in quali mani fosse caduto. In una lettera che fece imparare a memoria a sua moglie, poco prima del suo arresto e della sua esecuzione, diceva: «Sto lasciando la vita. Sto chinando la testa...avverto la mia impotenza di fronte a una macchina infernale...». Aveva cooperato a far erigere una ghigliottina - lo Stato sovietico - che aveva ucciso milioni di persone, soltanto per venire a sapere alla fine che il suo progetto era stato fatto nell'Inferno. Aveva desiderato di essere l'anti-Cristo: ne era invece diventato una vittima. Quando in Cecoslovacchia, un comunista fu nominato capo del Consiglio di Stato per gli affari religiosi, un'istituzione il cui scopo è di spiare i credenti e perseguitarli, egli assunse il nome di Hruza, che in lingua slovacca significa «orrore», un appellativo che si adopera per «diavolo». Uno dei capi di un'organizzazione terrorista in Argentina, assunse lo pseudonimo di «Satanowsky». Kaganovic, cognato di Stalin e suo stretto collaboratore, scrive a proposito di lui nel proprio diario: «Ho incominciato a capire come Stalin sia riuscito a fare di sé un dio. Egli non aveva neppure una sola caratteristica umana...anche quando esibiva qualche emozione, nessuna di queste appariva appartenergli. Erano false, come la bilancia sulla cima di un'armatura. E dietro questa bilancia era lo stesso Stalin: un pezzo d'acciaio. Per una ragione o per l'altra, ero convinto che sarebbe vissuto eternamente...non era affatto umano. Rosa (sua moglie) dice che le ordina di arrampicarsi su un albero, con niente addosso tranne le calze. Ho la sensazione che non sia affatto umano. È troppo insolito per essere un essere umano regolare, sebbene abbia l'aspetto di un uomo comune. Quale enigma. Ma che cosa sto mai scrivendo? Sono pazzo da legare anch'io?». Stalin descriveva così a Kaganovic i suoi “esercizi spirituali”: «Quando debbo salutare qualcuno, mi rappresento tale persona a quattro zampe, e mi diventa disgustoso. Qualche volta mi sento affezionato a una persona che dovrebbe essere rimossa per il bene della causa. Che cosa pensi che io faccia? Immagino questa persona mentre sta defecando, emanando fetore, flatulenze, vomitando...! Più presto cesserà di puzzare su questa terra, tanto meglio. E cancello questa persona dal mio cuore». Milovan Gilas, eminente dirigente comunista iugoslavo che personalmente ben conosceva Stalin, scrisse: «Forse non è che il potere demoniaco e l'energia di Stalin consistono in questo, che egli fece che il movimento (comunista) ed ogni suo componente arrivassero a uno stato di confusione e di stordimento, creando e assicurandosi così il suo regno della paura?». (Milovan Gilas, «Strani tempi», in «Kontinent» n. 33, p. 25). Egli dice anche, a proposito dell'intera classe dominante dell'Unione Sovietica: «Fanno mostra di credere nell'ideale del socialismo, in una futura società senza classi. In realtà non credono in nulla se non nel potere organizzato». Stalin, come giovane, aveva avuto la peggiore eredità, la peggiore educazione e sviluppo possibili. Diventò quello che indica il suo pseudonimo: «Stalin» significa un uomo d'acciaio, senza la minima emozione umana o pietà. Andropov ha prodotto la stessa impressione di Stalin. Il ministro degli esteri francese Claude Cheysson, che lo ha conosciuto, ha descritto Andropov in «Le Monde» come «un uomo privo di calore dell'anima, che lavora come un computer...non mostra emozioni...è estremamente spassionato. È accurato nelle parole e nei gesti come un computer». Quando incominciò a scrivere da rivoluzionario, i primi pseudonimi di cui fece uso furono «Demonoschwil» che significa qualche cosa come «il demoniaco» in lingua georgiana, poi «Besoschwili», «il diabolico». Troitskaja, la figlia del maresciallo sovietico Tukacevskij, uno degli uomini principali dell'Armata Rossa, fucilato poi da Stalin, scrisse che suo padre aveva nell'angolo orientale della sua camera dove gli ortodossi pongono generalmente le loro icone un'immagine raffigurante il Diavolo. Ceausescu, il dittatore comunista romeno, è un altro personaggio stalinista. È oggetto di culto della personalità, essendo stato paragonato a Giulio Cesare, Alessandro il Grande, Pericle, Cromwell, Napoleone, Pietro il Grande, Abraham Lincoln. Sembra però che non basti: così è stato anche chiamato «il nostro Dio laico» («The Wall Street Journal», New York, 10 giugno 1980). La Romania comunista, che non consente congressi religiosi internazionali, nella primavera del 1979 in Curtea de Argesh ha consentito un congresso di streghe. Anatole France fu il celebre scrittore comunista francese che portò al comunismo alcuni dei più grandi intellettuali di Francia. A un'esibizione di arte demoniaca a Parigi, uno dei pezzi esposti fu lo speciale seggio usato da quello scrittore comunista per presiedere ai riti satanici: i braccioli e le gambe del seggio, decorate con corna, erano ricoperte di pelli di capra («Expres», Parigi, 6 ottobre 1979). Il centro del satanismo britannico è il cimitero di Highgate in Londra, dove è sepolto Karl Marx. Presso questa tomba vengono celebrati riti di magia nera («Il Tempo», Roma, 1 novembre 1979). Da questo luogo partì l'ispirazione per il cosiddetto «vampiro di Highgate», che nel 1970 assaliva le ragazze (P. Underwood, "The Vampire's Bedside Companion", ed. Frewin). Ma anche Hua Kuo-Feng, dittatore della Cina rossa, rese omaggio a quella tomba. Ulrike Meinhoff, Ensslin ed altri terroristi rossi tedeschi erano coinvolti nell'occulto (H. Knaust, "The testament of Evil"). In Vitebsk, nell'Unione Sovietica, Zoia Titova, componente dell'organizzazione della Gioventù sovietica, fu sorpresa mentre praticava riti della magia nera. Quando il suo processo fu portato di fronte all'Assemblea della gioventù comunista, questa rifiutò all'unanimità di punirla, mentre i membri che decidono di venerare Iddio vengono espulsi. I comunisti considerano erroneo il credere in Dio; per tale “delitto” circa diecimila bambini sono stati separati dalle loro famiglie e sono mantenuti in speciali campi di concentramento, ma il Diavolo è considerato accettabile. Il suo culto è consentito («Znamia Junosti», 19 agosto 1979). Una delle più antiche sette adoratrici del Diavolo, gli Yezidi di Siria, è descritta in una rivista sovietica ateistica («Nauka I Religia», luglio 1979). Era la sola descrizione di una setta religiosa che non contenesse la benché minima espressione critica. Solgenitsin in "Arcipelago Gulag", rivela che il divertimento di Yagoda, ministro degli interni dell'Unione Sovietica, era di sparare alle immagini di Cristo e dei Santi. In quanto a Mao Tse-tung, egli scrisse che dall'età di otto anni odiava il suo dio: «Con tutto il mio cuore desideravo una cosa sola: distruggerlo, proprio dalle fondamenta». È normale che un bambino, all'età di otto anni, desideri soltanto la distruzione del proprio dio? Pensieri simili appartengono alle personalità demoniache.
10. I «PICCOLI DIAVOLI» NELL'UNIONE SOVIETICA
Secondo la dottrina marxista ufficiale che, come abbiamo dimostrato, non è che un camuffamento, non esistono né Dio né il Diavolo. Entrambi sono fantasie. In base a questa dottrina, i cristiani sono perseguitati dai comunisti. Ad ogni modo, il giornale sovietico «Kommunisma Uzvara» dell'aprile 1974 scrive che nella Lettonia rossa sono stati creati nelle scuole molti circoli ateistici. Il nome che si dà ai bambini in questi circoli è, dalla IV alla VI classe, «Piccoli Diavoli»; mentre quelli della VII sono chiamati «Servitori del Diavolo». In un'altra scuola, ragazzi dell'VIII classe sono chiamati «Fedeli figli del Diavolo». Alle adunate i bambini vengono vestiti da diavoli, con corna e coda. Cosicché è vietato adorare Iddio, ma è consentito ed anzi incoraggiato fra i bambini di età scolare un pubblico culto del Diavolo. Questo era l'obiettivo celato dai comunisti quando si impadronirono del potere in Russia. Più ancora, i comunisti volevano trasformare i loro capi in pubblici adoratori di Satana. Il prete russo-ortodosso Platonov, un agitatore antisemita, passò ai comunisti quando assursero al potere in Russia. Lo nominarono vescovo, ed egli diventò un Giuda che denunciava i componenti del suo gregge alla Polizia segreta, ben sapendo che sarebbero stati perseguitati. Un giorno incontrò su un autobus la propria sorella Alexandra. Era una badessa, che era stata arrestata più volte, evidentemente cosa nota al fratello. Egli le chiese: «Perché non mi parli? Forse che non riconosci tuo fratello?». Essa rispose: «E mi domandi il perché? Nostro padre e nostra madre sussulterebbero nelle loro tombe. Tu servi Satana». Sebbene fosse ufficialmente un vescovo ortodosso nell'Unione Sovietica, egli rispose: «Forse sono io stesso Satana!». Non c'è il minimo dubbio che egli fosse dominato dall'ideologia satanista. Come si spiegherebbe altrimenti la seguente citazione da una sua lettera allo scrittore russo Massimo Gorkij, in data 13-14 novembre 1913: «Milioni di peccati, malignità, oppressioni ed epidemie fisiche sono più facilmente scoperte dal popolo e perciò meno pericolose, che l'idea più debole di un piccolo dio spirituale, anche se camuffato nell'abbigliamento più decoroso». «Pravoslavnaia Rus» scrive: «La cattedrale ortodossa di Odessa, tanto amata dagli odessiti, poco dopo l'assunzione del potere da parte dei comunisti diventò il punto d'incontro dei satanisti...Essi si riunivano anche in Slobodka-Romano e nell'antica abitazione del conte Tolstoi». Segue poi il resoconto particolareggiato delle masse sataniste dette dal diacono Serghei Mihailov, della proditoria «chiesa vivente», un ramo ortodosso stabilito in connivenza con i comunisti. Un astante descrive la messa satanista come «una parodia della liturgia cristiana, in cui per la comunione si fa uso di sangue umano». Queste messe si svolgevano nella cattedrale, dinanzi all'Altar maggiore. Anche in Odessa, nel Museo degli Ateisti veniva esibita una statua di Satana, che era chiamato Bafomet. La notte, i satanisti si riunivano nel Museo per le loro preghiere e canti di fronte alla statua. Finanche la figlia di Stalin, Svetlana Aliluyeva, che non aveva mai saputo nulla delle profondità di Satana, scrisse «Beria (il ministro degli Interni sovietico) sembra abbia avuto un vincolo diabolico con tutta la mia famiglia...Beria era un demonio malvagio, spaventoso...Un demone terribile aveva preso possesso dell'anima di mio padre». Svetlana ricorda inoltre che Stalin considerava la bontà e l'amore misericordioso peggiori del più grande delitto. Un simile clero satanico domina su più di metà dell'umanità, e ordina atti di terrorismo per tutto il mondo.
11. OSCENITÀ BLASFEME
Si può capire che i comunisti arrestassero preti e pastori perché li consideravano contro-rivoluzionari. Ma perché i preti venissero costretti dai marxisti nella prigione romena di Piteshti a dir messa sullo sterco e l'urina? Perché venivano torturati cristiani col far loro prendere la Comunione usando questi come elementi? Perché lo scherno osceno della religione? E perché al prete romeno-ortodosso Roman Braga, che conoscevo personalmente e allora era prigioniero dei comunisti - attualmente risiede negli Stati Uniti - perché gli vennero schiantati i denti ad uno ad uno con una verga di ferro, per renderlo blasfemo? I comunisti avevano spiegato a lui e ad altri: «Se vi uccidiamo, cristiani, andate in paradiso. Ma non vogliamo che vi diano la corona del martirio. Dovrete prima bestemmiare Iddio, e poi andare all'inferno». Nella prigione di Piteshti i comunisti costringevano un prigioniero molto religioso ad essere «battezzato» ogni giorno con l'immergergli il capo nel «bugliolo» nel quale i prigionieri facevano i loro bisogni; e frattanto obbligavano gli altri prigionieri a cantare le funzioni battesimali. Uno studente di teologia dovette rivestire lenzuoli bianchi (per imitare le vesti di Cristo) e gli fu appeso al collo un’immagine blasfema di Cristo. I cristiani venivano picchiati fino a farli impazzire per costringerli a inginocchiarsi di fronte a quell’immagine. Dopo di averla baciata, venivano costretti a recitare parte della liturgia. Prigionieri venivano costretti a togliersi i calzoni e sedersi con i glutei nudi su Bibbie aperte («Cuvantul Romanesc», Canada, febbraio 1980). Simili cose vennero perpetrate per almeno due anni con la piena conoscenza delle gerarchie superiori del Partito. Che cosa ha a che fare tutto ciò con il socialismo e col benessere del proletariato? Non sono, queste indegnità, puri e semplici pretesti per organizzare orge e blasfemi satanici? Si suppone che i marxisti siano atei che non credono nel paradiso e nell'inferno. In queste estreme circostanze il marxismo si è tolto la maschera ateistica rivelando il proprio vero volto, che è il satanismo. La persecuzione comunista della religione può avere una spiegazione umana: la furia di questa persecuzione oltre ogni ragione, è satanica. Così è accaduto anche nelle prigioni romene e nell'Unione Sovietica, dove monache che non vollero rinnegare la loro fede furono sodomizzate, e ragazze battiste furono violentate (Hermann Hartfeld, Irina). Molti morirono come martiri, ma ciò non soddisfaceva i comunisti. Mediante la tecnica luciferiana fecero che i martiri morissero blasfemi, nel delirio provocato dal parossismo delle torture. La dissacrazione satanista di chiese cattoliche si è avuta nel 1970 in Upyna, Dotnuva, Zanaiciu, Kalvarija, Sede ecc, località della Lituania sovietica. L'ultima di cui ci risulta è avvenuta in Alsedaai il 22 settembre 1980 («Catacombes», Francia, settembre 1980). Nel 1923 c'erano stati nell'Unione Sovietica finti processi a Dio, alla presenza di Trotskij e di Lunacharskij (A. Reghelson, "The Tragedy of the Russian Church"). Ma queste non sono soltanto cose d'altri tempi. Nel suo libro "Psychiatric Hospital 14 Moscow", Georgi Fedorov racconta della conversazione col suo psichiatra Dott. Vladimir Levitskij a proposito del cristiano Argentov che era detenuto in quell'ospedale. Il medico disse: «Voi volete tirare il vostro amico Eduard verso Dio, e noi verso il Diavolo. Così io mi valgo dei miei diritti come psichiatra di inibire a voi ed ai vostri amici l'accesso a lui». In Chiasso, nell'Angola comunista, i comunisti macellarono animali nella chiesa e ne posero le teste sull'altare e sul pulpito. Un manifesto proclamava: «Questi sono gli dèi che voi adorate». Il pastore Aurelio Chicanha Saunge fu ucciso insieme con 150 suoi parrocchiani («Impact», Svizzera 2/81). Il prete cattolico lituano Eugene Vosikevic è stato ucciso. Evidentemente i comunisti avevano svolto un rito satanista, perché si trovò che la sua bocca era stata riempita di pane ("Chronicle of the Lituanian Catholic Church", n. 44/81). «Vetchennaia Moskva», un giornale comunista, ebbe un "lapsus calami", un errore involontario di penna, infatti scrisse: «Noi non combattiamo contro i credenti e neanche contro i preti. Combattiamo contro Dio per portargli via credenti». «La lotta contro Dio per portargli via i suoi credenti» è la sola spiegazione logica della lotta comunista contro il battesimo. Le parole del giornale sovietico non ci stupiscono. Marx l'aveva già detto nel suo libro «Ideologia germanica», chiamando Dio «Lo Spirito Assoluto» come aveva fatto il suo maestro Hegel, scrisse: «Ci troviamo di fronte a una domanda altamente interessante: la decomposizione dello Spirito Assoluto». Non era una lotta contro una falsa credenza in un Dio inesistente ciò che lo preoccupava. Egli credeva nell'esistenza di Dio, e desiderava di veder decomporsi questo Spirito Assoluto, come molti prigionieri dei comunisti venivano fatti marcire nelle prigioni. In Albania, il prete Stephan Kurti fu condannato a morte per aver battezzato un solo bimbo. Il battesimo deve essere eseguito in segreto nella Cina rossa e nella Corea del Nord. Nell'Unione Sovietica i battesimi possono essere officiati soltanto dopo la registrazione. Persone che desiderano esser battezzate o che vengano battezzati i loro figli, debbono presentare i loro documenti d'identità al rappresentante del consiglio della chiesa, che a sua volta deve riferirne alle autorità dello Stato. Ne risulta la persecuzione. I Kolkhoznik (lavoratori nelle fattorie collettive) non hanno carta d'identità, e perciò possono far battezzare i loro bambini solo segretamente. Molti pastori protestanti hanno avuto condanne alla prigione per aver battezzato persone. La lotta comunista contro il battesimo presuppone che si creda nel suo valore per un'anima. Stati come il Pakistan, fondati in relazione con una determinata religione, si oppongono al battesimo cristiano, in nome di un diverso punto di vista religioso. Ma per gli atei - quali i comunisti dichiarano di essere - il battesimo non dovrebbe significare proprio niente. Si deve supporre che non benefichi o non danneggi il battezzato. Perché dunque questi comunisti combattono contro il battesimo? È perché i comunisti «combattono contro Dio per strappargli credenti». La loro ideologia non è realmente ispirata dall'ateismo. Qualche cosa di più sulle relazioni fra il marxismo e l'occultismo si può trovare in "Psychic Discoveries behind the Iron Curtain", di Sheila Ostrander e Lynn Schroeder. È stupefacente scoprire che l'Oriente comunista è molto più progredito dell'Occidente in fatto di ricerca sulle forze oscure manipolate da Satana. In Cecoslovacchia, Bulgaria ecc. il Partito comunista spende somme colossali per ricerche segrete in questo campo. Vi è una «cortina di ferro» che impedisce all'Occidente di sapere ciò che accade nei venti istituti parapsicologici situati nell'Unione Sovietica.
12. MARX E DARWIN
Quale fu il contributo specifico di Marx al piano di Satana per l'umanità? Fu importante. La Bibbia insegna che Dio creò l'uomo (Genesi 1:26). Fino ai tempi di Marx, l'uomo continuò ad essere considerato come la corona della creazione. Marx fu lo strumento prescelto da Satana perché facesse perdere all'uomo la stima di se stesso, la convinzione di discendere da alti luoghi e di essere destinato a ritornare ad essi. Il marxismo è la prima filosofia sistematica e particolareggiata che riduce bruscamente la nozione dell'uomo. Secondo Marx, l'uomo è innanzitutto un intestino, che deve essere riempito costantemente e ripetutamente. Gli interessi prevalenti dell'uomo sono di natura economica. Egli produce per sopperire alle proprie necessità. Per questo scopo egli entra in relazioni sociali con altri uomini. Questa è la base della società, quello che Marx chiama l'infrastruttura. Matrimonio, amore, arte, scienza, religione, filosofia, tutto ciò che esula dalle necessità dell'intestino, sono sovrastrutture, determinate in ultima analisi dallo stato dell'intestino. Nessuna meraviglia che Marx si sia molto rallegrato leggendo il libro di Darwin sull'origine delle specie, un altro colpo da maestro per far dimenticare agli uomini la loro natura spirituale e i loro fini divini. Darwin diceva che l'uomo derivava dal mondo animale e non aveva altri scopi all'infuori della mera sopravvivenza. Il re della natura era stato detronizzato da quei due. Satana non poteva detronizzare Dio, quindi svalutò l'uomo. Si era “dimostrato” che l'uomo era un servo dell'intestino, ed era progenie di animali. Marx scrisse a Ferdinand Lassalle il 16 gennaio 1861: «Il libro di Darwin è molto importante e mi serve di base nelle scienze naturali per la storica lotta di classe». Il genero di Marx, Paul Lafargue, in "Socialism and the Intellectuals" dice: «Quando Darwin pubblicò il suo volume «L'origine delle specie» tolse a Dio la parte di creatore nel mondo organico come Franklin lo ha spogliato del suo fulmine» (La cosa terribile è che Darwin è stato male adoperato: non era stata affatto sua intenzione nuocere alla religione. Aveva scritto infatti: «Vi è una grandiosità in questa visione della vita, con i suoi numerosi poteri, inspirati originariamente in poche forme o in una sola». Per dare maggior enfasi alla sua posizione, Darwin inserì la frase «dal Creatore» dopo «ispirati» nella seconda edizione. E vi rimase in tutte le edizioni successive che egli pubblicò). Più tardi, Freud avrebbe completato l'opera di quei due giganti satanici, riducendo l'uomo basilarmente a un impulso sessuale, volta a volta sublimato nella politica, nell'arte o nella religione. Fu lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung che ritornò alla dottrina biblica, secondo la quale l'impulso religioso è quello fondamentale dell'uomo. Il darwinismo appare come una teoria scientifica, che può essere giusta o sbagliata, ma che non ha addentellati economici o politici. Molti sarebbero disposti ad accettare che Dio abbia creato il mondo che conosciamo attraverso un lungo processo di evoluzione. I tempi di Marx furono tempi di esplosione satanista in molte sfere della vita. Era il periodo in cui il poeta francese Charles Baudelaire scriveva "Les Fleurs du Mal", proclamando apertamente di essere dalla parte dell'immoralità. Il poeta russo Sologub scrisse: «Mio padre è il Diavolo»; un altro poeta russo, Briusov, scriveva: «Io glorifico egualmente Dio e il Diavolo». Marx era un figlio dei tempi che ci dettero anche Nietzsche - il filosofo favorito di Hitler e di Mussolini - Max Stirner, un anarchico estremista ed Oscar Wilde, il primo teorico della libertà per l'omosessualità. La Russia venne preparata per la vittoria del marxismo. Quelli della Rivoluzione furono tempi in cui amore, sentimenti buoni e sani, erano considerati mediocri e retrogradi. Le fanciulle nascondevano la loro innocenza, i mariti la loro fedeltà. La distruzione era lodata come buon gusto, la nevrastenia come il segno di una mente raffinata. Questo insegnavano nuovi scrittori improvvisamente comparsi dal nulla. Gli uomini inventarono vizi e perversioni, prendendosi cura di non lasciare l'impressione di essere morali. Come mai quindi Stalin diventò rivoluzionario dopo aver letto Darwin? Come studente nel seminario ortodosso ebbe da Darwin l'impressione che non siamo creature di Dio ma il risultato di un'evoluzione in cui regna una concorrenza spietata. Sopravvive il più forte e il più crudele. Imparò che i criteri morali e religiosi non rappresentano una parte nella natura e che l'uomo è altrettanto parte della natura quanto un pesce o una scimmia antropomorfa. Quindi, evviva la spietatezza e la crudeltà. Darwin aveva scritto un libro scientifico. Il suo risultato finale è stato l'uccisione di diecine di milioni di innocenti. È diventato il padre spirituale dei più grandi assassinii di massa della storia. Più ancora fu l'influsso della Rivoluzione Francese, spiritualmente molto simile a quella russa. Durante lo svolgersi degli eventi in Francia, Anacharsis Clootz, uno dei capi dei rivoluzionari ed un illuminato, si dichiarò « nemico personale di Gesù Cristo ». Di fronte alla Convenzione il 17 novembre 1792 affermò: «Il popolo è il sovrano e il Dio del mondo...soltanto gli sciocchi credono in un qualsiasi altro Dio, in un Ente Supremo». Quindi la Convenzione emise un decreto, proclamando «la nullificazione di tutte le religioni».
13. UN ANELLO DI CONGIUNZIONE FRA COMUNISMO E SATANISMO
I comunisti hanno l'abitudine di crearsi organizzazioni di facciata. Tutto ciò che abbiamo detto più sopra suggerisce la probabilità che i movimenti comunisti siano a loro volta organizzazioni di facciata per un satanismo occulto. Ciò verrebbe anche a spiegare perché tutte le armi politiche, economiche, culturali e militari impiegate contro il comunismo si siano dimostrate tanto inefficaci. I mezzi per combattere il satanismo sono spirituali, non materiali; altrimenti, mentre un'organizzazione di facciata satanista, come il nazismo, viene sconfitta, ne sorgerà un'altra per una vittoria più grande. Himmler, il ministro per gli Interni della Germania nazionalsocialista, credeva di essere una reincarnazione del re Enrico l'Uccellatore; egli pensava che fosse possibile imbrigliare i poteri occulti perché servissero l'esercito nazista. Diversi capi nazionalsocialisti erano coinvolti in riti di magia nera. Un organismo colossale è stato creato dalla Polizia segreta sovietica per distruggere le Chiese del mondo intero. Il loro primo obiettivo è di eliminare o minimizzare l'ostilità delle religioni contro il comunismo. In secondo luogo essi cercano alleati nell'interno della Chiese in modo da potersi valere del prestigio del clero per portare la massa dei credenti nel campo della rivoluzione. Il nome di questo dipartimento è Orginform (pronuncia "Orghin-form"). Esso ha cellule segrete in ogni paese, in ogni grande organizzazione religiosa. Certo è che il loro principale bersaglio sono le organizzazioni e missioni anticomuniste che operano dietro la Cortina di ferro. Agenti comunisti specializzati in propaganda e provocazione si infiltrano nelle Chiese e nelle missioni per preparare il disarmo ideologico dei fedeli. Il suo primo direttore, Vassilij Gorelov, era precedentemente un prete ortodosso, un apostolo diventato Giuda. Il quartier generale è a Varsavia. Il capo attuale è Theodor Krasky. L'organizzazione ha una scuola a Feodosia (Crimea) per l'addestramento degli agenti nei paesi latini, ed una a Mosca per l'America settentrionale. Gli agenti per la Gran Bretagna, l'Olanda, la Scandinavia ecc. vengono addestrati in Siguel (Lettonia) e quelli per i paesi musulmani in Constantza (Romania). Queste scuole preparano falsi pastori, preti, imam, rabbini i quali comprendono perfettamente le rispettive teologie. Alcuni autore di «L'Io e la sua proprietà» era uno degli amici di Marx. Egli scrisse: «Io sono legittimamente autorizzato a fare ogni cosa di cui sono capace». Solgenitsin in «Arcipelago Gulag» rivela alcuni degli orribili risultati del comunismo nelle anime e nelle vite delle persone. Ripeto che sono consapevole del fatto che le prove che io riporto qui sono soltanto indiziarie. Ma ciò che ho scritto qui è sufficiente a mostrare che quanto i marxisti dicono di Marx, è un mito. Egli non fu indotto dalla povertà del proletariato per la quale la rivoluzione era l'unica soluzione. Non amava i proletari. Li chiamava «zucconi», «stupidi», «asini», «furfanti», e, sì, adoperava epiteti osceni (corrispondenza con Engels); Marx non amava i suoi compagni nella lotta per il comunismo. Chiamava Failigrath «il suino », Lassalle «negraccio giudeo», Bakunin «uno zero teorico». Un combattente della rivoluzione del 1848, il tenente Cecov, che trascorse notti bevendo con Marx, commentò che il narcisismo di Marx aveva divorato quanto di buono c'era stato in lui. Marx non amava l'umanità. Mazzini, che lo aveva conosciuto bene, scrisse «Aveva uno spirito distruttivo. Il suo cuore scoppia di odio piuttosto che d'amore per gli uomini». Giuseppe Mazzini fu carbonaro solo per brevissimo tempo, nella sua giovinezza. Questa organizzazione era stata fondata nel 1815 da Antonio Maghella, un massone genovese, e dichiarava che il «suo scopo finale era quello di Voltaire e della Rivoluzione Francese: il completo annientamento del cattolicesimo e infine, del Cristianesimo». Era incominciata come una operazione italiana ma in seguito ebbe un orientamento europeo più ampio. Benché Mazzini criticasse Marx, mantenne rapporti con lui. L'Enciclopedia ebraica dice che Mazzini e Marx ebbero l'incarico di preparare l'indirizzo e la costituzione della Prima Internazionale. Non conosco testimonianze in contrario da parte di contemporanei di Marx. Marx come filantropo è un mito costruito soltanto dopo la sua morte. Marx non odiava la religione perché costituisse un ostacolo sulla via della felicità dell'umanità. Al contrario, egli desiderava rendere infelice l'umanità sia qui che attraverso l'eternità. Proclamava questo come suo ideale. Il suo fine era la distruzione della religione. Il socialismo, la preoccupazione per il proletariato, l'umanitarismo...questi non erano che pretesti. Dopo aver letto "The Origin of Species" di Charles Darwin, Marx scrisse a Lassalle una lettera in cui esultava che a Dio - per lo meno nel campo delle scienze naturali - fosse stato dato «un colpo mortale». Quale idea precedeva tutte le altre nella mente di Marx? Erano forse le tristi condizioni del povero proletariato? In tal caso, quale possibile valore aveva la teoria di Darwin? Oppure può darsi che lo scopo principale di Marx fosse la distruzione della religione? Il bene dei lavoratori era soltanto una finzione? Dove i proletari non combattono per gli ideali socialisti, i marxisti sfrutteranno le differenze razziali o il cosiddetto generation gap, il salto di generazione. La cosa principale è che la religione deve essere distrutta.
14. ROBIN GOODFELLOW
Marx scrisse: «Nei segni che sconcertano la classe media, l'aristocrazia e i profeti della regressione, riconosciamo il nostro valoroso amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che può operare così velocemente nella terra: la rivoluzione». Chi ha letto questa frase evidentemente non ha indagato circa l'identità di questo Robin Goodfellow, il valoroso amico di Marx, che lavora per la rivoluzione. Nel XVI secolo William Tyndale, adopera il nome Robin Goodfellow per indicare il Diavolo. Shakespeare, nel suo «Sogno d'una notte di mezza estate» lo chiama «lo spirito maligno che fuorvia il viandante notturno, e ride del suo danno». Così, secondo Marx, considerato «il padre del comunismo, un demonio era l'autore della rivoluzione comunista ed era suo amico personale». In Argentina gruppi di terroristi comunisti rapivano industriali e ricavavano milioni con i riscatti. Questo danaro veniva moltiplicato in banche capitaliste da un certo Graiver, il quale convinceva anche la povera gente ad affidargli i loro risparmi. Con i profitti egli finanziava i terroristi. Quindi andò in bancarotta rovinando i poveri. Suoi complici erano ex-presidenti dell'Argentina e grandi giornalisti, fra i quali un uomo che aveva preso il nome di Satanovsky. Vale la pena ricordare qui che Stalin aveva incominciato a scrivere sotto lo pseudonimo di «Figlio del Diavolo» e «Figlio del Demonio».
15. A TUTTI VOI, MARXISTI
Mi rivolgo ai gregari del marxismo: voi non siete animati dallo spirito che controllava Hess, Marx, Engels. In realtà voi amate l'umanità, la rispettate e intendete adoperarvi per il bene universale. Non è vostro desiderio essere uno strumento di qualche sètta. Per voi questo libro può essere utile. Il marxismo satanico ha una filosofia materialista che acceca i suoi seguaci alle realtà spirituali. Esiste qualche cosa di più della materia. Esiste una realtà dello spirito, della verità, della bellezza, e degli ideali. Esiste anche un mondo di spiriti decaduti, il cui capo è satana. Cadde dal cielo per il suo orgoglio e trascinò giù con sé un'armata di angeli. Dopo la caduta, il suo inganno è stato perpetuato ed accresciuto attraverso ogni concepibile congegno, finché oggi vediamo la bellissima creazione di Dio devastata dalle guerre mondiali, dalle rivoluzioni e controrivoluzioni, dalle dittatura, dallo sfruttamento, dal razzismo di diversi tipi, dalle false religioni, e dall'agnosticismo e ateismo, delitti e imbrogli, infedeltà in amore ed amicizia, matrimoni infranti, figli ribelli. L'umanità ha perduto la visione di Dio. Ma che cosa ha preso il posto di questa visione? Forse qualche cosa di meglio? L'uomo deve e vuole avere qualche religione. Se rifiuta di volgersi a Dio, avrà la religione di satana e perseguiterà coloro che non adorano satana. Soltanto pochi fra i grandi dirigenti del comunismo sono stati e sono satanisti consapevolmente, ma esiste anche un satanismo inconscio. Uno può essere satanista inconsapevolmente, senza neanche sapere che esista un simile culto. Egli è tale se odia la nozione di Dio e il nome di Cristo, se vive come se fosse soltanto materia, se nega i princìpi spirituali e morali. Sono nello stesso pericolo coloro i quali si dedicano all'occultismo. A Francoforte la domenica vanno più persone alle riunioni spiritiche, nelle quali vengono evocati i defunti, che non alle funzioni di chiesa. Vi sono chiese sataniste a Monaco e Dusseldorf («Idea» del 3 giugno 1983). Ve ne sono anche molte in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in altri paesi. Gli esseri umani possono aver abbandonato Dio, ma Dio non ha mai abbandonato le Sue creature. Egli ha inviato nel mondo il Suo Figlio unigenito Gesù Cristo. Amore e grazia incarnati vissero sulla terra la vita di un povero bambino ebreo, poi la vita di un umile carpentiere, e infine la vita di un maestro di rettitudine. L'uomo oppresso non può salvarsi, come non può trarsi dalle acque un uomo che annega. Così Gesù, pieno di comprensione per i nostri intimi conflitti, prese su di Sé tutti i nostri peccati, ivi compresi i peccati di persone come Marx e i suoi seguaci, e sopportò Egli stesso la condanna per quello che abbiamo fatto. Egli espiò i nostri peccati morendo su una croce sul Golgota, dopo aver sofferto la più terribile umiliazione e dolore. Abbiamo la Sua parola che chiunque oggi ponga semplicemente la propria fede in Lui è perdonato, riceve una nuova vita, e vivrà con Lui nei cieli eterni. Egli non rifiuta nessuno, quale che sia il suo passato. Val la pena osservare che due Premi Nobel sovietici, Pasternak e Solgenitsin, entrambi ex-comunisti, dopo aver descritto i parossismi di delitto ai quali conduce il marxismo satanico, hanno posto la loro fede in Cristo. Svetlana Alliluyeva Stalina, la figlia del peggiore assassino di massa marxista, è diventata anche lei cristiana. Ricordiamo che l'ideale di Marx era scendere negli abissi dell'inferno lui stesso, e trascinarvi dentro con sé tutta l'umanità. Non seguiamolo su questo sentiero vizioso, ma piuttosto volgiamoci a Cristo che ci ama e può guidarci verso l'alto delle vette di luce, saggezza e amore, a un cielo di ineffabile gloria.

(Fonte: http://camcris.altervista.org/marx.html)

(Postato il 4 aprile 2013)

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Giudaismo, Marxismo e Bolscevismo

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di Dagoberto Bellucci

“Il bolscevismo non è né più né meno che la realizzazione del programma internazionale contenuto nei Protocolli sionisti, così come secondo gli stessi Protocolli dovrebbe realizzarsi in tutti gli altri paesi ad opera di una minoranza rivoluzionaria” (Henry Ford – “La U.R.S.S. è un prodotto del pangiudaismo” – da “L’Ebreo Internazionale” Ediz. di “Ar” – Padova 1971).
“Circonderemo il nostro governo di economisti. Questo è il motivo per cui agli Ebrei si insegna principalmente la scienza dell’economia. Saremo circondati da migliaia di banchieri, di commercianti e, cosa ancora più importanti, di milionari, perché in realtà ogni cosa sarà decisa dal denaro” (“L’Internazionale Ebraica – I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” – Protocollo nr. 8).
Il marxismo fin dalla sua nascita come concezione filosofica e progressivamente nella sua prassi criminale  rappresenterà il più virulento attacco contro tutte quelle forze che avevano rappresentato la Tradizione. Per comprendere esattamente la pratica sovversiva – insieme ideologica e politica, sociale ed economica – che una simile teoria (ammantatasi di “scientificità” e di una indubbia efficacia dialettica che rovescia i termini della questione sociale facendo esclusivamente leva sugli istinti primordiali più bassi dell’individuo, in particolar modo attraverso l’invidia, il risentimento, la rabbia e l’odio materialistico)  avrebbe instillato nelle società europee a partire dalla seconda metà del XIXmo secolo – raggiungendo il culmine degenerativo attraverso il golpe ebraico di Lenin che porterà alla nascita di uno Stato ateo e “rivoluzionario”, una centrale d’odio e di vendetta utilizzata come caposaldo per tutte le fiammate insurrezionali del Novecento che troveranno nei dirigenti del Cremlino complici interessati – occorre ripercorrere la storia della guerra occulta, sotterranea, che si svolse a partire dalla Rivoluzione Francese sul continente europeo e che vedrà contrapposti da un lato i simboli, le autorità, le forze tradizionali del Vecchio Continente; dall’altro lato tutti quei fenomeni ed ideologie funzionali alla loro disintegrazione secondo un piano di progressiva erosione del potere temporale e spirituale della Chiesa e delle antiche monarchie attraverso un complotto che si sarebbe servito di volta in volta delle diverse forme assunte dall’Anti-Tradizione (il nazionalismo “risorgimentale” d’ispirazione liberale, il socialismo, l’imperialismo colonialista, l’estremismo anarchico, il bolscevismo unitamente a quelle ideologie moderniste che favorirono il darwinismo, lo sviluppo della tecnica esasperato in un progressismo dai tratti messianici, fino all’evoluzione delle scienze psicoanalitiche  che tanta parte avrebbero avuto nelle società moderne di massa e all’avvento dell’industrializzazione in senso capitalistico dell’ intero mondo occidentale con le sue conseguenze sociali attraverso l’urbanizzazione selvaggia e quella che è stata definita come la nazionalizzazione delle masse da autorevoli storici). Tale cospirazione occulta era stata preparata minuziosamente per tutto il Settecento nel segreto delle logge massoniche spuntate come funghi su tutto il continente europeo dopo la costituzione della Gran Loggia Madre inglese nel 1717. L’attività di erosione svolta dall’interno dagli agenti della setta segreta sarebbe proseguita imperterrita attraverso l’opera di proselitismo e affiliazione di numerosi esponenti dell’aristocrazia dell’epoca stoltamente postisi al servizio del nemico. La Rivoluzione francese al di là di  celebrare i suoi immortali principi di uguaglianza, fraternità e libertà schiuderà i ghetti ebraici assicurando all’elemento ebreo una parità di diritti civili che, di fatto, avrebbero reso l’ebreo progressivamente il principale elemento di dissoluzione di tutte le strutture dell’antico ordinamento dei diversi Stati del vecchio continente. Il 27 settembre 1791 i cinquantamila ebrei francesi si videro riconosciuto il diritto di cittadinanza. La partecipazione ebraica agli avvenimenti rivoluzionari francesi rimase sostanzialmente relativa anche se non mancarono esponenti di primo piano del nuovo Stato sorto dalle idee illuministe e rappresentanti del nuovo ceto borghese che rapidamente prese d’assalto il potere dichiarando decaduti i privilegi secolari aristocratici e l’autorità ecclesiastica. “Il nome più illustre sembra esser stato quello di Marat, un sefardita la cui famiglia era giunta in Francia attraverso la Sardegna e la Svizzera; complice inseparabile di Marat inoltre era l’ebreo Pereyra. Nel complesso però, l’intervento diretto degli ebrei negli eventi della rivoluzione non è molto manifesto; è soprattutto il carattere di questa rivoluzione che fa pensare a una loro partecipazione. E le mura dei ghetti furono abbattuti in tutti i paesi in cui gli “immortali” principi vennero imposti dalle armate di Napoleone Bonaparte; il quale, come primo console, aveva stipulato un concordato col Sinedrio ebraico. Il Messia della Rivoluzione venne sconfitto e relegato a Sant’Elena ma ciò non impedì all’ebraismo europeo di proseguire la sua opera silenziosa. I Rothschild, proprietari di banche nelle maggiori capitali europee, erano in grado di ricattare i governi, negando loro i prestiti o concedendoli, a seconda dell’atteggiamento che essi assumevano nei confronti del popolo ebraico. La guerra tra la Banca e le Monarchie europee si riaccese nel 1830 con una rivoluzione che segnò l’insuccesso storico della Santa Alleanza. Rothschild fu il vero primo ministro di un sovrano che aveva rinunciato alla formula “per grazia di Dio”, in un regno che sostituì la bandiera dei gigli d’oro con il vessillo tricolore. Una delle prime misure del nuovo regno fu di mettere a carico dello Stato le spese del culto giudaico e per diciotto anni gli ebrei furono veramente les rois de l’epoque per citare il titolo del libro di Toussenel sul regime orleanista. La rivoluzione del 1848 spazzò via la monarchia, ma restarono gli ebrei; è nota la frase di Proudhon: “la France n’a fait que changer de Juifs”; analoga all’affermazione di Drumont secondo cui “come i bari non si siedono mai al tavolo da giuoco senza un re o due di scorta nella tasca del panciotto, così i Rothschild non si mettono mai al giuoco senza due o tre statisti ebrei nella manica.” I nuovi assi nella manica del Banchiere si chiamavano Cremieux e Goudchaux: il primo divenne membro del governo provvisorio e ministro della giustizia; il secondo ebbe il ministero delle finanze” (Claudio Mutti – “Ebraicità ed ebraismo” - introduzione a “L’Internazionale Ebraica – I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” – Ediz. di “Ar” – Padova 1976). Il motore immobile, occulto, della rivoluzione messo in moto dalle potenti logge massoniche britanniche avrebbe da allora in avanti attinto sempre più forza e , di volta in volta a seconda delle prospettive, ottenuto revisioni e cambi di rotta strategici dall’officina ebraica che si sarebbe dimostrata particolarmente attenta soprattutto a concentrare i suoi sforzi sovversivi contro la Russia zarista e l’impero asburgico d’Austria-Ungheria ultimi baluardi della Tradizione europea. Le rivoluzioni liberali della metà dell’Ottocento vedranno una partecipazione diretta dell’elemento ebraico: “questa volta gli ebrei entrarono nell’arena politica direttamente, e ben presto assunsero un ruolo dominante, in particolare nei movimenti liberali. (…) La rivoluzione del 1848 finì per identificarsi con l’emancipazione ebraica” (Abba Eban – “Storia del popolo ebraico” –  Ediz. “Mondadori” – Milano 1973). Nel 1844 , cioè quattro anni prima delle insurrezioni liberali che avrebbero sconvolto l’impero austro-ungarico e la confederazione tedesca portando alla luce i nuovi nazionalismi d’Ungheria, d’Italia e di Germania, l’ebreo Benjamin Disraeli, primo ministro della Corona d’Inghilterra ed elemento di spicco dell’Internazionale occulta ebraica, faceva dire a Sidonia, personaggio del suo romanzo “Coningsby”: “Quella possente rivoluzione che si prepara in Germania si sviluppa sotto l’egida degli Ebrei, che cominciano a monopolizzare le cattedre professionali”. Disraeli si riferiva certamente all’azione insurrezionale di gruppi liberali e repubblicani quali la “Giovane Germania” nata sul modello della mazziniana “Giovane Italia”. Anche nel ventiquattresimo capitolo del romanzo “Vita di Lord George Bentinek” lo stesso Disraeli poteva osservare: “Se il lettore getta gli occhi sui governi provvisori di Germania, d’Italia e perfino di Francia formati in questo periodo, egli riconoscerà in tutti l’elemento ebreo…L’abolizione della proprietà è proclamata dalle società segrete che formano i governi provvisori…Alla testa di ciascuna di esse vi sono uomini Ebrei..gli Ebrei vogliono distruggere questa ingrata cristianità di cui non possono più sopportare la tirannia”. Conquistate posizioni di rilievo attraverso i nuovi strumenti dell’informazione – sarà soprattutto tramite la stampa che gli Ebrei domineranno l’opinione pubblica dei neocostituiti Stati nazionali d’Italia e Germania – e all’interno dell’amministrazione pubblica l’Internazionale Ebraica, coadiuvata dalla massoneria, non perderà tempo per sferrare i suoi attacchi contro l’apparato ecclesiastico e contro gli ultimi residui del potere aristocratico, largamente corrotto e di fatto sostanzialmente impotente di fronte ad un processo di trasformazione in senso capitalistico che avrebbe prodotto in pochi decenni il passaggio definitivo di consegne dall’antica “aristocrazia del sangue” alla nuova “aristocrazia dell’oro” dei capitani d’industria, dei banchieri e del mondo della finanza usurocratica. Il periodo determinante per la conquista di posizioni privilegiate da parte della nuova casta usuraia sarà la seconda parte dell’Ottocento momento storico cruciale che da un lato avvierà i processi d’espansione dei diversi imperialismi europei attraverso l’esperienza delle avventure coloniali in Africa e Asia mentre dall’altro lato favorirà l’emersione della cosiddetta “questione sociale” con l’affermazione del marxismo quale novella utopia messianica , sorta di religione dell’invidia e dell’odio alimentata in nome del proletariato contro tutte le forme di autorità. L’esperienza della Comune di Parigi sarà un momento fondamentale di questa nuova dinamica sociale e di questa realtà storica. Non irrilevante sottolineare in proposito come la cosiddetta “rivoluzione” del proletariato parigino del 1870 risparmierà scrupolosamente di interferire con gli affari e  salverà dalla furia popolare le proprietà immobiliari, all’epoca se ne contavano oltre 450 nella sola capitale francese, della famiglia dei Rothschild. Uno storico di eletta ascendenza come Bernard Lazare riconoscerà: “E’ Marx che dette l’impulso all’Internazionale col Manifesto del 1847, redatto da lui e da Engels; non che si possa dire ch’egli abbia fondato l’Internazionale come una società segreta di cui gli Ebrei furono i capi, perché parecchie cause determinarono la costituzione dell’Internazionale; tuttavia Marx fu l’ispiratore del meeting operaio tenuto a Londra nel 1864, donde uscì l’associazione. Gli Ebrei vi furono numerosi e solo nel consiglio generale si trova Karl Marx, segretario per la Germania e per la Russia, e James Cohen, segretario per la Danimarca. Molti Ebrei affiliati all’Internazionale ebbero la loro parte durante la Comune, ove trovarono altri correligionari. – (In nota): Neumayer, Fribourg, Loeb, Haltmayer, Lazare, Armando Levi, Franke, altro Cohen, Ph. Cohen – Quanto l’organizzazione del partito socialista, gli Ebrei vi contribuirono potentemente: Marx e Lassalle in Germania, Aaron Libermann e Adler in Austria, Dobrojanu-Gherea in Romania, Gompers, Kahn e de Lion negli Stati Uniti d’America, ne furono o ne sono ancora gli iniziatori. Gli Ebrei russi debbono occupare un posto a parte in questo breve riassunto. I giovani studenti, appena evasi dal ghetto, parteciparono all’agitazione nichilista; qualcuno, tra i quali donne, sacrificò la vita alla causa emancipatrice; accanto a questi medici e avvocati ebrei bisogna porre la massa considerevole dei rifugiati artigiani che hanno fondato a Londra e a New York importanti agglomerati operai, centri di propaganda socialista e anche comunista, anarchica (…) In generale gli Ebrei, anche rivoluzionari, hanno conservato lo spirito ebraico, e se hanno abbandonato ogni religione e ogni fede, hanno però subito, atavicamente e per via dell’educazione, l’influenza della morale ebraica. (…) Marx , questo discendente di una serie di rabbini e di dottori, ereditò tutta la forza logica dei suoi avi; fu un talmudista lucido e chiaro, che non fu imbarazzato dalle minuzie sciocche della pratica, un talmudista che fece della sociologia e applicò le sue naturali qualità di esegeta alla critica dell’economia politica. Fu animato da quel vecchio materialismo ebraico che sognò perpetuamente di un paradiso realizzato sulla terra e respinse sempre la lontana e problematica speranza d’un eden dopo la morte; ma non fu solo un logico, fu un ribelle, un agitatore, un aspro polemista e prese il suo dono di sarcasmo e di invettiva là ove l’aveva preso Heine: alle sorgenti ebraiche” (Bernard Lazare – “L’Antisèmitisme” – Paris 1934). Il socialismo, nella sua versione marxista cioè internazionalista e materialista, si diffonderà in tutta Europa come un’utopia millenarista e un nuovo messianismo capace di attrarre tutti i diseredati attorno al grido di rivolta – “Lavoratori di tutto il mondo unitevi!” - lanciato dal messia ebreo di Treviri, sorta di novello Spartaco, alias Karl (Mordechai) Marx. Chi era realmente Karl Marx che la storiografia ufficiale comunista ha sempre disegnato come “padre del comunismo”, difensore dei diritti dei lavoratori – particolarmente degli operai – e grande economista del XIXmo secolo? Riportiamo in proposito un interessante articolo di Giovanni Preziosi il quale – citando un articolo apparso su “L’osservatore Romano” a firma di un professore dell’Accademia Ecclesiastica di Pietrogrado, mons. Stanislao Trzeciak, storico ed esperto di questione ebraica – scrive: “Carlo Mordechai, che poi si fece chiamare Carlo Marx, era figlio di un avvocato ebreo originario di Treviri (Germania renana), nacque nel 1818. Nel 1843 si stabilì a Parigi per studiare economia politica, ma la sua attività rivoluzionaria lo fece ben presto cacciare da questa città; e nel 1845 si stabilì a Bruxelles dove, in collaborazione con Engels, riorganizzò la Lega Comunista e pubblicò il famoso “Manifesto comunista” che è restato il vangelo della dottrina del partito. Tornato in Germania prese una parte attiva nella rivoluzione del 1848 e fondò a Berlino una società segreta comunista, sui membri della quale egli aveva diritto di vita e di morte. Per la misteriosa sparizione di diversi di questi appartenenti alla società, Karl Marx fu condannato a morte dal Tribunale tedesco ma, aiutato dalla Mano Nascosta, egli riuscì ad evadere in Inghilterra ove rimase fino alla morte. A Londra redasse il suo libro fondamentale: “Il Capitale”, sull’interpretazione del quale anche i suoi seguaci non sono d’accordo: libro pedante, basato su equivoci pregiudiziali in fatto di diritti e doveri, valori ecc. Privo di ogni originalità di pensiero, Marx, può ben definirsi un racimolatore dell’iniziativa altrui. E’ evidente come abbia tratto parte delle sue idee dal Vidal e dal Pecquere (circa la socializzazione delle miniere e dei trasporti). Il suo comunismo è quello di Babeuf (contemporaneo di Robespierre) e di Louis Blanc. I suoi principi internazionali, quelli di Weishaupt, fondatore dell’illuminismo demagogico alla fine del settecento (abolizione dell’eredità, matrimonio comunista, adozione di neonati da parte dello Stato). Anche la teoria sul “superfluo del valore” non è di Marx, perché sette anni prima che egli la pubblicasse, era già stata espressa, se pur con minore chiarezza, da Owen, demagogo inglese. Esagerato è quindi l’appellativo che gli è stato donato , soprattutto dai “non iniziati”, di “padre del comunismo”. Egli imitava, plagiava e colpiva col più profondo disprezzo colui del quale si era servito. Bakounin, il noto capo anarchico russo, che lo conosceva bene, disse in una lettera ai “Fratelli dell’Alleanza” di Spagna nel 1873 (vedi biografia di Bakounin di Marx Nettlau): “La sua vanità non conosce nessun limite, una vera vanità da ebreo. Questa vanità, oggi già molto forte, fu grandemente ingrandita dai suoi ammiratori e discepoli. Molto personale, molto geloso, molto suscettibile e non meno vendicativo, al pari di Jehova, il dio della sua razza. Marx non ammette che si riconosca un altro Dio al di fuori di lui stesso…Proudhon, che non si è mai creduto un dio, ma che indubbiamente era un grande pensatore rivoluzionario, e che ha reso incalcolabili servizi alla causa e allo sviluppo delle idee socialiste, era diventato appunto per questo la bestia nera di Karl Marx. (…) Più tardi fu il Marx stesso a fornire a Bakounin una prova diretta delle menzogne odiose e perfide delle quali era capace allorché scriveva nella “Neue Zeitung”: “…Per quanto riguarda la propaganda slava, ci è stato assicurato che George Sand è in possesso di carte e documenti che compromettono grandemente Michele Bakounin, il proscritto russo, e che provano che egli altro non è che uno strumento della Russia, oppure un agente entrato di recente al suo servizio…” In seguito a tali accuse eccezionalmente gravi, esplicite e pubbliche, gli amici di Bakounin si rivolsero direttamente a George Sand, ed ottennero una formale smentita. Marx fu costretto a pubblicarla nel suo stesso giornale. E’ probabile che Marx odiasse Proudhon non soltanto perché ne era geloso, ma perché Proudhon aveva visto giusto ed aveva fatto notare che il capitalismo era una montatura kahalica, che doveva essere combattuta come tale. Anche Proudhon quindi aveva intravisto il “messianismo” ebraico nell’opera di Marx. Quanto all’Internazionale Rossa proclamata figlia di Marx, leggiamo queste righe di James Guillaume, socialista svizzero: “Non è vero che l’internazionale sia stata una creazione di Marx, perché egli rimase completamente fuori dal lavoro preparatorio che si svolse dal 1862 al 1864. Quando egli entrò nell’Internazionale, questa era stata già creata dagli operai francesi ed inglesi.”. Il piano di Marx fu sempre di fare dell’organizzazione operaia lo strumento delle sue vedute personali, che poi erano quelle kahaliche. Il 9 ottobre 1866 Marx scriveva a Rugelmann (vedi “L’Internationale et le Pangermanisme” di Laskine): “Gli operai, particolarmente quelli di Parigi che appartengono ad una classe di operai di lusso e sono attaccati alle vecchie porcherie, sono ignoranti e chiacchieroni, pieni di sé e stavano per guastare ogni cosa al Congresso (comunista). Tutto Marx è in questa lettera che dimostra l’intimo disprezzo per quella classe alla quale pretendeva comandare. Del reso Marx non amava gli operai e non amava neppure la sua famiglia da lui resa infelice (una delle sue figlie si suicidò). Egli non amava nessuno all’infuori di sé stesso. I suoi piani rivoluzionari non erano dettati dall’amore per il prossimo, ma da un basso spirito egocentristico: erano il mezzo per dominare. Tale fu Mordechai detto Marx, diventato – grazie al bluff dell’ebraismo internazionale demagogico – il bandierone rosso sventolato oggi dai vari capi che…se lo danno fraternamente in testa in tutte le Internazionali. Ironia della sorte: il bandierone mordechaico in mano di Stalin ha servito a rompere la testa a quell’altro egocentrista kahalico che è Trotzki. Anche questo è “messianismo” (Giovanni Preziosi – Articolo “Marx, ovverosia Mordechai: il Santone Messianico” – da “La Vita Italiana” del 15 Agosto 1934 ripubblicato nella raccolta “Come il giudaismo ha preparato la guerra” Ediz. “Tumminelli” – Roma 1939). Le idee di Marx – o per essere esatti le tante idee rubate a destra e a manca dal Marx nel corso della sua vita – , unitamente all’oro della grande banca ebraica americana, saranno le armi attraverso le quali l’oligarchia usurai internazionale abbatterà l’impero russo, l’autocrazia dello zar. La rivoluzione che si andrà preparando, portata avanti alla fine dell’Ottocento dai gruppuscoli socialrivoluzionari, anarchici e nichilisti “russi” – direttamente controllati da agenti della sinagoga ebraica – che sfoceranno nel tentativo insurrezionale/costituzionale del 1905 e successivamente nel golpe ebraico leninista del 1917, sarà perciò essenzialmente un colpo di stato attuato dall’intellighenzia giudaica contro l’aristocrazia zarista russa. Le attività dei rivoluzionari socialisti in Russia minarono qualsiasi tentativo di riforma costituzionale intrapreso dai vertici monarchici. La “questione sociale” nella Russia zarista andò sempre più sommandosi a quella ebraica: furono soprattutto le organizzazioni ebraiche occidentali, a cominciare dall’Alleanza Israelitica Universale del massone ebreo Cremieux fino all’attività d’interferenza del B’nai B’rith , a sospingere i loro correligionari russi verso l’attività estremista nelle organizzazioni d’ispirazione socialista che diventeranno rapidamente ricettacoli per tutta l’attività sovversiva e terroristica anti-zarista di turbe di Ebrei accomunati dall’odio contro l’autorità centrale. Nella sua opera sulla “Storia dell’Antisemitismo” ecco come lo storico ebreo Leon Poliakov descrive la situazione russa nella seconda metà dell’Ottocento:  “Fin dal 1862 l’ideologo slavofilo Ivan Aksakov si era levato contro l’emancipazione degli Ebrei, e nel 1867 tornava alla carica parafrasando (è un particolare degno di nota) la famosa formula di Marx: “Qui non si tratta” scriveva “di emancipare gli Ebrei, ma di emancipare la popolazione russa dagli Ebrei, di liberare dal giogo ebraico gli uomini russi del sud-ovest.”. Poco dopo Aksakov trovava un valido alleato nella persona di Jacob Brafman. Questo convertito, professore di ebraico presso il seminario ortodosso di Minsk, era l’esperto del Santo Sinodo per i problemi della missione tra gli Ebrei. Dal 1867 aveva cominciato a pubblicare sul “Corriere di Vilna” articoli sulla vita e i costumi delle comunità ebraiche che gli avrebbero fornito in seguito materia per i due grossi volumi, con relative fonti documentarie: “Il libro del Kahal” e “Le confraternite ebraiche locali e universali”, usciti nel 1869. (…) Nel “Libro del Kahal” egli pretendeva di rivelare “i procedimenti e i mezzi di cui si servono gli Ebrei, malgrado le leggi che limitano i loro diritti civili nei paesi in cui risiedono, per allontanare gli individui delle altre religioni dal commercio e dall’industria e concentrare nelle loro mani tutti i capitali e tutti gli immobili”. (…) Rivelazioni ancora più sorprendenti faceva Brafman ne “Le confraternite ebraiche locali e universali”. “Le confraternite” – annunciava – “sono per così dire le arterie della società ebraica (…) esse uniscono tutti gli Ebrei dispersi sulla terra in un unico corpo potente e invincibile”. I “Kahals” di tutto il mondo erano a loro volta sottoposti a una direzione centrale: questa direzione installata in Francia, terra della rivoluzione, non era altro che l’Alleanza Israelita Universale (secondo un emulo di Brafman, questa alleanza “vecchia quanto il mondo”, fu il “vero motore del cataclisma del 1789”). Dal 1871 il governatore generale di Kiev, il principe Dondukov-Korsakov, si basava su questa rivelazione per richiamare l’attenzione di Alessandro II sul pericolo rappresentato dall’Alleanza e per chiedere un rafforzamento della legislazione antiebraica. Man mano che il movimento rivoluzionario si sviluppava e si moltiplicavano gli attentati terroristici, l’inquietudine che afferrava le sfere dirigenti le portava a prestare orecchio, con crescente attenzione, a tali deliri” (Lèon Poliakov – “Storia dell’antisemitismo – (IV) L’Europa suicida , 1880-1933”– Ediz. “La Nuova Italia”- Firenze 1990). Non di deliri si trattava ma di dati di fatto incontestabili che progressivamente avrebbero trovato una loro conferma proprio dagli avvenimenti storici che dall’inizio del Novecento e fino alla svolta rivoluzionaria del 1917 avrebbero precipitato la nazione russa in un caos senza precedenti e nell’anarchia più assoluta dai quali sarebbe sorta infine l’URSS, lo Stato ispirato dalle idee marxiste-leniniste sottomesso al giogo di una minoranza di ebrei fanatici che avrebbero dato forma ad un regime criminale che si sarebbe imposto mediante la progressiva soppressione di qualunque autorità, legge e ordinamento per imporre la loro dittatura in nome e per conto del “proletariato”. L’URSS sarà soprattutto un laboratorio sociale, il primo di una lunga  tragica serie che vedrà cadere sotto l’ideologia marxista intere nazioni e comunità, nel quale i pianificatori dell’oligarchia sovietica adotteranno tutti i sistemi e le forme di abbrutimento e disintegrazione individualistica con l’obiettivo di sradicamento di qualsivoglia retaggio ideale, culturale, spirituale precedente. Ciò che avverrà nella Russia sovietica sarà sostanzialmente un esperimento di assoggettamento, annichilimento e disintegrazione di un intero popolo, la sistematica distruzione di tutti i vincoli (familiari e sociali) che formavano l’unità nazionale russa pre-rivoluzionaria, l’edificazione di uno stato-tiranno, di un moderno Leviatano all’interno del quale ( negli immensi spazi delle steppe siberiane e caucasiche, nell’Asia centrale sconfinata ) gli apprendisti stregoni dell’intellighenzia bolscevica avrebbero tentato, come novelli alchimisti talmudici, di creare un “uomo-nuovo” percepito esclusivamente come cavia da laboratorio e carne da macello da immolare sull’altare dell’utopia rivoluzionaria. Scriverà Julius Evola: “Un’antica leggenda, che già molto prima della rivoluzione circolava fra i contadini russi, annunciava la venuta di un tempo, in cui avrebbe regnato una “Bestia senza nome” – senza nome, perché sarebbe composta da una moltitudine innumerevole. (…) La verità centrale del bolscevismo è: disintegrazione dell’individuo. Il nuovo vangelo, che esso proclama, è l’ “uomo collettivo”, l’ “uomo-folla”, l’elemento impersonale di un ente plurimo, titanico, poliartico, arimanico, che “non ha nome” come non ha capo. La potenza ed il diritto assoluto spettano a quest’ente: a lui l’impero del futuro. (…) L’ideale superpersonale del bolscevismo è concepito come una combinazione puramente quantitativa di individui-parti-di-massa nel più vasto ed omogeneo conglomerato possibile. Mentre la credenza precedente era che la via verso una più alta umanità universale risiedeva nella perfezione della personalità umana, il bolscevismo si è dato a mostrare che la vera via della salvazione conduce, attraverso l’annichilimento dell’individuo, in un “uomo-massa” organizzato dall’esterno” (Julius Evola – “Il ciclo si chiude – Americanismo e bolscevismo 1929-1969”– Ediz. a cura della Fondazione Julius Evola – Roma 1991). La cosiddetta “rivoluzione d’ottobre” dell’ala bolscevica leninista sarà la definitiva affermazione della dittatura (degli ebrei) sul proletariato russo assoggettato alle volontà ed ai diktat di un’avanguardia rivoluzionaria di elementi ebrei fatti appositamente rientrare nella Russia zarista per applicare le teorie socialiste di Marx attraverso lo strumento della violenza politica, del terrore di Stato indiscriminato. Ciò che avverrà in Russia nell’autunno 1917 non sarà nient’altro che un vero e proprio golpe ebraico con il quale una minoranza fanaticamente inquadrata dalle parole d’ordine del socialismo massimalista, l’ala bolscevica del Partito socialista, si impadronirà del potere – in nome del proletariato e dei lavoratori – eliminando progressivamente tutte le altre formazioni politiche appartenenti alla Sinistra Rivoluzionaria russa (menscevichi, anarchici ecc.) peraltro massicciamente rappresentate all’interno di quella nuova istituzione , il Soviet, che appartiene in tutto e per tutto alla tradizione talmudica. “Il Soviet non è un’istituzione russa ma ebrea (scrive Henry Ford in “L’Ebreo Internazionale” – Ediz. di “Ar” – Padova 1971); non rappresenta neanche un’invenzione moderna degli ebrei della Russia, né una nuova idea politica di Lenin o di Trotzky, ma è di origine arcaico-ebrea. E’ una forma di organizzazione che, dopo la conquista della Palestina ad opera dei Romani, fu adottata dagli ebrei per mantenere il loro particolare sistema di vita razziale e nazionale. Il bolscevismo moderno riconosciuto ora come la semplice scorza esteriore di un colpo di Stato, lungamente e accuratamente preparato allo scopo di assicurare il predominio di una razza determinata, adottò immediatamente la forma amministrativa dei soviet, per la semplice ragione che gli ebrei di tutte le nazionalità che cooperano all’insediamento del bolscevismo in Russia erano tutti educati e allevati sotto la forma e la struttura del soviet. Il soviet si cita nei “Protocolli” col suo antico nome ebreo di “kahal”. Nella tesi 17.a è detto: “In questi giorni i nostri fratelli si vedono obbligati a denunciare gli apostati che si oppongono al “kahal”. Quando avvenga il nostro regno tutti i sudditi dovranno servire lo Stato in ugual maniera.” Tutti coloro che conoscono la vita attuale degli ebrei sanno perfettamente che cosa significano queste denunce per apostasia. La durezza delle persecuzioni alle quali si espongono gli ebrei convertiti o i figli di una famiglia ortodossa che si sposino con non ebrei, non hanno punto di paragone nel resto dell’umanità.” Il giudaismo si sarebbe imposto immediatamente come il principale motore della rivoluzione, divenendone la sua anima, il suo artefice, il massimo fattore dirigente. Lenin lavorerà per la sinagoga, gli Ebrei diventeranno con la Rivoluzione gli autentici padrone della Russia sovietica. La rivoluzione bolscevica avrà effetti disastrosi sulla società russa senza incidere e , come presenta oramai da decenni una interessata propaganda, senza ottenere alcun reale miglioramento della disastrata economia russa. Come sarà evidente fin dai primi mesi del governo rivoluzionario emersero immediatamente l’incapacità dei dirigenti bolscevichi e la loro irresponsabilità di fronte alle problematiche di natura sociale ed economica emerse nel corso della guerra. Per frenare il malcontento montante e il caos che andava dilagando in tutto il paese ricorrerà al terrore pianificando la strategia dello stragismo di classe (che in realtà nascondeva il più vasto piano per lo sradicamento come “controrivoluzionarie” di tutte quelle ‘tendenze’ e di tutti quei settori della società che si opponeva alla dittatura della minoranza bolscevica leninista). Nel dicembre 1917, poco più di un mese dopo la presa del potere, Leningrado è in preda alla più totale anarchia. In un congresso che passerà alla storia, nella seduta notturna che si svolgerà tra il 25 ed il 26 ottobre 1917, il Congresso panrusso dei soviet aveva proclamato il “Consiglio dei Commissari del popolo”: da quel momento il termine “commissario” avrebbe sostituito il “borghese” “ministro”. Ufficialmente il bolscevismo deteneva il potere ma nella realtà ovunque regnavano il caos e l’anarchia. Dappertutto si formavano ‘soviet’, ovunque si proclamavano nuove autorità, sempre in nome e per conto della rivoluzione si pretendeva di organizzare il nuovo Stato. A guidare le masse in quei giorni caotici di novembre-dicembre 1917 erano i militari ammutinati che si erano legati alle parole d’ordine della rivoluzione, gli anarchici, i disertori, soprattutto i delinquenti ai quali la rivoluzione aveva aperto gentilmente le porte. Ognuno scorazzava indisturbato ripetendo gli slogan che Lenin aveva loro inculcato quando aveva innalzato il grido di rivolta in nome di tutti gli oppressi. I marinai di Kronstadt cominciarono per primi: dopo essersi ammutinati a bordo delle loro unità avevano preso gli ufficiali scaraventandoli dritti in mare finendoli poi a colpi di baionetta. Il terrore e l’anarchia generarono nuovi mostri: a Pietroburgo due ex ministri del governo provvisorio liberale di Kerensky sono raggiunti da una folla inferocita nei loro letti d’ospedale e linciati dalla plebaglia. Lo Stato è a pezzi, l’autorità è stata distrutta dal furore bolscevico, ovunque regna l’anarchia e la situazione rischia di contagiare perfino i più stretti collaboratori di Lenin che si lasciano andare allo sconforto o a deliranti iniziative personali. All’Istituto Smolny , sede del nuovo governo bolscevico, non fu facile prendere decisioni. Il commissario alle finanze ordina la chiusura delle banche e farnetica ordini per l’abolizione del denaro. Il suo collega alla giustizia nomina giudici i primi operai che gli capitano sotto mano. Il consiglio di guerra finisce per nominare comandante supremo di un esercito di 11 milioni di uomini un ex tenente zarista tal Krylenko. La fede nella rivoluzione sembra vacillare anche nei più intimi collaboratori del gran capo Lenin. Elisarov, cognato di Lenin, confida a Salomon: “Qui sono diventati tutti pazzi, compreso il capo. Siamo alla vigilia di un fiasco. Questa follia non potrà durare a lungo. Faremo ancora qualche sciocchezza e viltà , poi correremo all’estero a rileggerci Marx perché probabilmente non l’abbiamo capito”. Prendere in mano le redini della rivoluzione, con polso fermo e implacabile. Questa la soluzione. E sarà Lenin che deciderà di instaurare il “terrore rosso”: nascerà nel dicembre 1917 la Cereswytiainaja Komissija, la Ceka, primo organismo di polizia e repressione delle “attività contro-rivoluzionarie”, il braccio armato della Rivoluzione che – nel corso degli anni – assumerà successivamente la dizione di Ghepeù, NKVD finendo infine i suoi giorni, tutt’altro che gloriosi, con il nome di KGB. Cosa abbiano rappresentato tutte queste sigle –  di fatto si trattava sempre dello stesso apparato poliziesco che cambiava semplicemente nome – per la popolazione russa è facile immaginarlo: terrore, repressione, morte. A guidare la macchina di terrore, repressione e morte dell’URSS saranno elementi ebrei che costituiranno il nerbo del neonato apparato statale sovietico, occuperanno in massa i principali posti all’interno del Soviet supremo, dentro ai diversi Commissariati politici, nelle organizzazioni preposte alla salvaguardia della rivoluzione. “Pare che Lenin (scrive Claudio Mutti in “Ebraicità e Ebraismo”, op. cit.), “l’asceta incorruttibile dell’idea pura”, si rendesse conto soltanto negli ultimi giorni della sua esistenza di aver lavorato per Israele e di aver contribuito a realizzare un programma che, probabilmente non era il suo. Infatti, più che l’opera di Lenin e dei mugiki russi, la rivoluzione bolscevica fu , “in gran parte, un’opera del pensiero ebreo, del malcontento ebreo, dei piani ebrei, lo scopo dei quali era di creare un nuovo ordine nel mondo. Ciò che per mezzo del pensiero ebreo, del malcontento ebreo, dei piani ebrei fu così straordinariamente realizzato in Russia dovrà, per mezzo della forza d’animo ebrea diventare realtà in altri paesi”. Così scriveva il 10 settembre 1920 “The American Hebrew” , il più importante organo ebraico degli Stati Uniti. E il “Times” di Londra dichiarava, il 29 marzo 1919, che “dei venti o trenta commissari che dirigono l’apparato centrale del partito bolscevico non meno del 75% sono ebrei; tra gli ufficiali minori il numero degli ebrei è stragrande”. E l’ebreo M. Cohen così confermava sul “Kommunist” di Kharkov (12 aprile 1919): “Si può dire, senza esagerazione, che la grande rivoluzione socialista russa è stata opera degli ebrei, e che gli ebrei non soltanto hanno guidato questo evento, ma hanno preso interamente nelle loro mani la causa dei Sovieti”. E l’ebreo A.S. Rappaport: “Gli Ebrei in Russia, nella loro unanimità, sono i responsabili della rivoluzione bolscevica”. Il numero di appartenenti alla razza autoproclamatasi “eletta” nelle fila del partito bolscevico all’avvento della Rivoluzione sarà preponderante. La rivoluzione , che aveva goduto del sostegno dell’alta banca ebraica internazionale, aveva decretato l’affermazione di un regime sostanzialmente ebraico. Scriverà a proposito dei finanziamenti ebraici ai rivoluzionari bolscevichi Carlo Alberto Roncioni: “…la classe dirigente industriale e finanziaria in Inghilterra e Stati Uniti è composta prevalentemente di appartenenti alla razza ebraica e parimenti l’aristocrazia burocratica dell’Unione Sovietica, che organizza e dirige la produzione industriale (compravendita di beni e servizi come il lavoro umano) è composta di appartenenti alla razza ebraica. Un documento molto importante in proposito è stato fornito dalla Polizia Segreta Americana: Secret Service “Documentation”, Parigi 6 marzo 1920; da questo documento risulta: a) Nel Febbraio 1916 si seppe per la prima volta che una Rivoluzione era stata fomentata in Russia. Si scoprì che le persone e ditte qui sotto erano impegnate per tale opera rivoluzionari: 1) Jackob Schiff (personalmente), ebreo; 2) Banca Kuhn Loeb and C.  ebrea, con Jackob Schiff ebreo e Jerome I. Hanauer, ebreo; 3) Guggenheim, ebreo; 4) Max Breitung, ebreo. Non v’è dubbio che la rivoluzione russa, scoppiata un anno dopo tale formazione, fu lanciata e fomentata da influenze spiccatamente ebraiche. Difatti nell’aprile 1918 Jackob Schiff ebbe a dichiarare pubblicamente che grazie al suo appoggio finanziario la rivoluzione russa era riuscita; b) Nella primavera del 1917 Jackob Schiff cominciò ad accomanditare Trotzky, ebreo, per fare in Russia la rivoluzione: il giornale di New York, “Forward”, gazzetta ebrea bolsceviva quotidiana, versò anch’essa un contributo per tale scopo. Contemporaneamente a Stoccolma l’ebreo Max Warburg accomanditava la ditta Trotzky & C. , casa ebraica; tale società era ugualmente accomanditatata dal sindaco Westfaliano-Renano, impresa ebraica, nonché di un altro ebreo Olaf Aschberg della “Nya Banken” di Stoccolma” e dall’ebreo Givotovsky, la cui figlia ha sposato Trotzky. Così furono stabilite le relazioni fra gli ebrei multimilionari e gli ebrei proletari; c) Nell’ottobre 1917 ebbe luogo in Russia la rivoluzione sociale, in virtù della quale certe organizzazioni di sovieti presero la direzione del popolo russo. In quei sovieti spiccarono i seguenti individui, tutti ebrei meno Lenin (il quale però figlio di una donna di razza ebrea…quindi a tutti gli effetti Ebreo secondo la legge ebraica che riconosce come di discendenza ebraica la linea patrilineare ndr): Ecco i loro nomi di guerra, e tra parentesi, quelli di famiglia: Lenin (Ulianov); Stekov (Nakhames); Larin (Lurge); Martinov (Zibar); Zwiesdin (Weinstein); Lapinsky (Loewensohn); Trotsky (Braunstein); Mortov (Zederbaum); Bohrin (Nathansohn); Kamenev (Rosenfeld); Suchanov (Gimel); Sagersky (Krohmann); Sointzev (Bleichmann); Garin (Garfeld); Gorev (Goldmann); Axelrod (Orthodox); Cernomorsky (Tschernomordkin); Maklakowsky (Rosenblum); Meschkowsky (Goldberg); Abramowic (Rein); Urisky (Radomilsky); Granetzky (Fuertenberg); Bogdanov (Silberstein); Riazanov (Goldenbach); Piatnitzky (Ziwin); Glasunov (Schultze); Zinoviev (Apfelbaum); Dan (Guerevic); Parvus (Goldfandt detto anche Helphand)” (Carlo Alberto Roncioni – “Il potere occulto” – Ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1974). La preponderanza, asfittica, dell’elemento ebraico ai vertici del partito bolscevico e dello Stato sovietico sarebbe immediatamente stata sottolineata soprattutto dai dispacci dei servizi segreti occidentali e dalle informazioni provenienti dalle ambasciate dei paesi occidentali a Mosca. Altre informazioni sulla effettiva realtà sociale e militare dell’URSS e sulla divisione dei poteri all’interno dei nuovi apparati dell’amministrazione sovietica venivano comunicate al resto del mondo dai fuoriusciti russi, dagli ambienti aristocratici filo-monarchici in fuga verso le capitali occidentali, da organizzazioni di nazionalisti russi che mantenevano tutte costanti legami con il loro paese e, fino a quando ancora fu possibile, aperte vie di comunicazione attraverso le quali far circolare le notizie. Giovanni Preziosi, su “La Vita Italiana” del 15 gennaio 1921, poteva a proposito della situazione interna sovietica sottoporre ai suoi lettori questa illuminante documentazione: “Un interessante opuscolo dal titolo “Chi governa in Russia?”, edito a New York nel 1920 dall’Associazione “Unità della Russia”, dà un elenco completo del personale che dirige i vari reparti del governo dei Sovieti. L’elenco redatto accuratamente sulle basi offerte dagli organi ufficiali bolscevichi, reca la prova indiscutibile della preponderanza ebraica in tutti i rami del governo dei dittatori di Mosca. In Russia su 503 funzionari dello Stato, 406 sono israeliti; 29 soltanto sono russi. Ci sono, per verità, 34 lettoni, 12 tedeschi, 12 armeni ecc. Inoltre, tra 42 giornalisti che dirigono l’opinione pubblica, uno solo è russo: Massimo Gorki. Sui 22 membri del Consiglio dei commissari del popolo, non si contano che 3 russi soltanto: Lenin, Cicerin e Mondelstam. Gli altri membri sono: 17 israeliti e 2 armeni. Il Commissariato di guerra, diretto da Trotzky, comprende 43 membri: 34 sono israeliti, 8 lettoni, 1 tedesco, non un solo russo. Il Commissariato dell’interno, diretto dall’israelita Apfelbaum (Zinovieff) è composta da 64 membri tra i quali 2 russi, 45 israeliti, 11 lettoni, 3 armeni, 2 tedeschi e 1 polacco. Il Comitato per gli Esteri, diretto da Cicerin, che vi rappresenta da solo l’elemento russo, è composto di 17 membri;  gli altri 16 sono: 13 israeliti, 1 armeno, 1 lettone, 1 tedesco. Il Commissariato delle finanze è costituito da 30 membri, dei quali 26 sono israeliti, 2 russi, 1 lettone e 1 polacco. Il Commissariato della giustizia comprende 19 membri , tra i quali Steinberg e Trotzky. Non un solo tra essi è russo: 18 sono israeliti ed 1 armeno. Il Commissariato dell’igiene si compone di 5 membri: 4 israeliti ed 1 tedesco. Non un solo russo. Il Commissariato della pubblica istruzione comprende 53 membri, tra i quali: 2 russi, 44 israeliti, 3 finnici, 2 tedeschi, 1 lettone e 1 ungherese. Il Commissariato dell’assistenza sociale è costituito da 6 membri, tutti ebrei. Il Commissariato della ricostruzione della città di Jaroslaw ha due membri: israeliti entrambi. I delegati della Croce Rossa bolscevica sono 8, tutti e otto israeliti. Tra i 23 commissari provinciali, 21 sono ebrei, uno russo ed un lettone. La Commissione d’inchiesta sull’amministrazione dell’impero russo è composta di 5 ebrei e 2 russi. La Commissione d’inchiesta sull’assassinio di Nicola II contava dieci membri: 7 ebrei, 2 russi, 1 armeno. Il Consiglio supremo dell’economia generale, diretto da un russo, il Rykoff, è costituito da 56 membri: 45 israeliti, 5 russi, 3 tedeschi, 2 lettoni, 1 armeno. L’ufficio del primo Soviet degli operai e soldati di Mosca, conta 23 membri: non un solo russo, ma 19 israeliti, 3 lettoni, 1 armeno. Il Comitato esecutivo centrale del 4° Congresso panrusso dei sovieti degli operai, dell’esercito rosso, dei contadini e dei cosacchi, era composto da 34 membri: 33 israeliti ed 1 russo. Il Comitato del 5° Congresso degli stessi Sovieti, comprendeva 62 membri: 43 ebrei, 6 russi, 6 lettoni, 2 armeni, 1 tedesco, 1 ceco e gli altre tre oriundi rispettivamente della Georgia, dell’Imeret e del Karaim. Il Comitato centrale del partito socialista operaio è composto di 12 membri: tra i quali 9 israeliti e 3 russi. Tale il personale governativo della Russia di oggi (1920). Ma l’influenza ebraica si estende anche nei partiti che pretendono di rappresentare l’opposizione. L’ufficio centrale del partito comunista del popolo, è composto da 55 israeliti e di un russo. Il Comitato centrale del partito socialdemocratico dei lavoratori, è composto di 11 membri tutti ebrei. Il Comitato centrale del partito socialista rivoluzionario della destra, conta 14 israeliti ed 1 russo. Il Comitato centrale del partito socialista (rivoluzionario) di sinistra, conta 10 israeliti e 2 russi. Il Comitato degli anarchici di Mosca comprende 5 membri: 4 ebrei ed 1 russo. Il Comitato centrale del partito comunista di Polonia, conta 12 membri tutti ebrei. Si può dunque concludere, a rigor di logica, che lo Stato russo è governato da ebrei” (Giovanni Preziosi – articolo “Chi governa la Russia?” – da “La Vita Italiana” del 15 gennaio 1921 ripubblicato nella raccolta “Giudaismo bolscevismo plutocrazia massoneria”  , Ediz. “Hohenstaufen” – 1944). Lo Stato sovietico si presentava sulla ribalta internazionale come un apparato rivoluzionario, un autentico anti-Stato che intendeva – in conformità con le idee propugnate da Lenin e propagandate dalla Terza Internazionale – esportare ovunque sovversione, anarchia, caos e lottare per l’instaurazione della dittatura del proletario su scala planetaria. I neocostituiti partiti comunisti che aderirono alla nuova internazionale diretta dal Cremlino, autentica centrale sovversiva e centro del terrore bolscevico, adottarono immediatamente le parole d’ordine della rivoluzione moscovita: la violenza politica come mezzo di lotta, la guerra civile come metodo per la conquista rivoluzionaria dello Stato, la disintegrazione di tutte le strutture della società borghese come necessità per l’edificazione del socialismo. Erano queste le speranze, e le utopie, che ispirarono Lenin ed i leader bolscevichi nei primi mesi successivi alla presa del potere e fino al 1921-22. Quelli furono gli anni decisivi che sancirono la definitiva sconfitta dei movimenti rivoluzionari comunisti in Italia, Ungheria e soprattutto Germania. Grandi erano state le aspettative bolsceviche per l’evoluzione delle situazioni a Budapest, Roma e particolarmente a Berlino e nelle altre zone della neonata repubblica di Weimar. Uno degli obiettivi principali sui quali puntava la strategia leninista era la presa del potere rivoluzionaria in Germania. Le condizioni per la conquista comunista della Germania erano mature ma la reazione delle forze armate leali alla repubblica e delle diverse organizzazioni nazionalpatriottiche, armatesi in corpi franchi e squadre d’assalto, disintegrarono sul nascere tutti i tentativi insurrezionali rossi. “Il marzo e l’aprile del 1919 (ha scritto lo storico tedesco Ernst Nolte in “Nazionalsocialismo e bolscevismo – La guerra civile europea 1917-1945”– Ediz. “Rizzoli” – Milano 1996) costituirono in Russia il primo culmine della speranza nella rivoluzione mondiale imminente. Per Lenin la nascita del partito comunista di Germania con i suoi capi famosi e universalmente noti come Liebknecht, Rosa Luxemburg, Clara Zetkin e Franz Mehring” significava già di fatto l’inizio della nuova Internazionale, quella comunista, e il congresso di fondazione riunitosi a Mosca ai primi di marzo era per lui solo una sorta di formale realizzazione. (…)  I manifesti e gli appelli rivolti a tutto il mondo da questa piccola assemblea di cinquantuno delegati per lo più russi erano pervasi da un tale fuoco e da una tale forza entusiastica che nessuna proclamazione di vittoria degli alleati e nessun progetto ottimistico di Wilson poteva reggere il confronto. Nelle “Direttive dell’Internazionale Comunista” redatte da Bucharin leggiamo: “E’ nata una nuova epoca. L’epoca della dissoluzione del capitalismo, della sua intima disgregazione, l’epoca della rivoluzione comunista del proletariato…Essa deve spezzare il dominio del capitale, rendere impossibili le guerre, annullare i confini degli Stati, trasformare tutto il mondo in una comunità che lavori per sé, realizzare la fratellanza e la liberazione dei popoli” (…) Queste speranze e queste previsioni fiduciose raggiunsero tuttavia il loro punto più alto nell’appello del 1° maggio che il comitato esecutivo rivolse ai comunisti bavaresi, cosciente che accanto alla Repubblica sovietica russa vi erano già quella ungherese e quella bavarese: “La tempesta comincia. L’incendio della rivoluzione proletaria divampa con forza inarrestabile in tutta Europa. Si avvicina il momento che i nostri precursori e maestri hanno atteso…il sogno dei migliori rappresentanti dell’umanità diventa realtà…Scocca l’ora dei nostri oppressori. Il 1° maggio 1919 deve diventare il giorno dell’attacco, il giorno della rivoluzione proletaria in tutta Europa.. Nel 1919 è nata la grande Internazionale comunista. Nel 1920 nascerà la grande Repubblica sovietica internazionale”. Utopie e propaganda, menzogne raccontate a sé stessi ed ai propri sventurati compagni d’avventura. Un’avventura che sarebbe durata oltre settant’anni incendiando tutti i continenti e seminando ovunque morte e terrore in nome di un’ideologia che si nutriva quotidianamente di un odio cieco e di una atavica spinta vendicativa: si tratta dello stesso odio e dello stesso spirito vendicativo che hanno accompagnato per secoli il giudaismo nei confronti delle società goyim = non ebraiche, di fronte a tutto ciò che non è ebraico, a qualunque istituzione difforme da quelle appositamente create dalla nazione ebrea. Eppure anche se queste parole d’ordine rivoluzionarie e sovversive trovarono interessate orecchie e ancor più interessati nuclei di agitatori professionisti , anche questi ebrei come i loro correligionari di Mosca, tra i vertici dirigenti del neonato KPD tedesco e tra quelli della Lega di Spartaco era evidente che si trattava di pura propaganda e di un bluff abilmente giocato da Lenin e dalla sua cricca ebrea al potere per promuovere la rivoluzione. Scrive lo stesso Nolte: “Un osservatore scettico avrebbe ritenuto molto più verosimile che il 1919 potesse significare la fine della Repubblica sovietica. Nella Russia meridionale l’armata dei volontari del generale Denikin, appoggiata dagli alleati e in particolare dal ministro inglese della guerra Winston Churchill con molto materiale e missioni militari, era avanzata sensibilmente verso il nord. In Siberia l’ammiraglio Kolcàk aveva rovesciato il governo dei partiti e le sue truppe, a cui si erano uniti i cecoslovacchi, alla fine di aprile erano davanti a Samara e non lontano da Simbirsk. Nelle vecchie province baltiche continuavano a combattere ancora le truppe tedesche e l’esercito dei Paesi Baltici sia contro i bolscevichi che contro i lettoni e gli estoni borghesi-nazionalisti. Pietrogrado continuava a essere minacciata. Al nord truppe alleate si trovavano ancora a Arkhangel’sk e si sforzavano di insediare un regime russo sotto la guida di un socialrivoluzionario. La regione rossa non era ancora più grande del granducato di Mosca al tempo di Pietro il Grande e soffriva terribilmente la fame perché era separata dalle più importanti regioni dove veniva prodotto il grano e non poteva fornire ai suoi contadini prodotti industriali, tanto che Lenin fu costretto a inviare squadre di requisizione di operai dalle città nei villaggi dove esse cercarono di unirsi ai poveri dei villaggi in una razzia senza pietà contro i kulaki. Una guerra di classe interna si svolgeva quindi parallelamente alla guerra civile esterna, e questo era l’elemento caratteristico e senza precedenti poiché nella storia moderna non era ancora mai accaduto che un capo di governo definisse grandi gruppi della popolazione con espressioni come “i cani e i porci della borghesia morente” o “i ragni” e i “parassiti” contro cui doveva essere condotta una lotta spietata.” Era iniziata la guerra civile europea. Una contrapposizione radicale che avrebbe diviso su opposte barricate e opposti fronti il fior fiore della gioventù europea ed avrebbe portato allo scatenamento del secondo conflitto mondiale combattuto dal regime comunista sovietico al fianco delle demoplutocrazie occidentali contro l’Europa dell’Ordine Nuovo delle Rivoluzioni Nazionali. Un abbraccio inevitabile quello tra bolscevichi e plutocrazia: fondamentalmente si trattò della conferma del ruolo di alleato e complice che il comunismo sovietico dimostrò di svolgere in maniera eccellente nei confronti delle democrazie del capitalismo occidentale (specialmente Gran Bretagna e Stati Uniti) con le quali si svilupparono ampi trattati commerciali con scambi economici ai massimi livelli progressivamente estesi e sviluppatisi fino al crollo dell’URSS all’inizio degli anni Novanta del secolo. “I contatti per motivi d’affari sono esistiti anche in periodi di forte antagonismo ideologico:  i capitalisti americani, per tutto il periodo 1920-30 , si sono recati in Russia per svolgervi attività commerciali su una base puramente individuale. E i crediti, questa chiave del commercio estero dell’URSS e costante della sua politica estera, non le sono mai venuti a mancare, in particolare dalla Germania. Anche nei periodi di scontro ideologico e militare, diretto o tra paesi satelliti (NATO-Patto di Varsavia, blocco di Berlino, guerra di Corea, Vietnam, crisi dei missili a Cuba, Angola) i sovietici hanno sempre continuato ad avere relazioni commerciali e a cercare crediti” (Charles Levinson – “Vodka-Cola” – Ediz. “Vallecchi” , Firenze 1978). Ciò sarà possibile perché dietro alla maschera ideologica l’Unione Sovietica nascondeva la realtà di un capitalismo di Stato burocratico e collettivista ai massimi livelli. Un capitalismo peraltro straccione, incapace di far fronte autonomamente alle richieste di autosufficienza alimentare, di risolvere la penuria alimentare che per diversi periodi, a ondate, ha contrassegnato la storia sovietica come evidenzieranno chiaramente le grandi carestie che colpiranno vaste zone dell’impero rosso nei primi anni Venti e , in maniera drammatica, agli inizi del decennio successivo. Un capitalismo di Stato che dipendeva pesantemente anche sul piano militare dagli aiuti dell’Occidente ai quali ricorse immediatamente Stalin nell’estate 1941 dopo che la Germania nazionalsocialista aveva lanciato l’operazione Barbarossa con la quale Hitler si riprometteva di schiacciare definitivamente la centrale terroristica sovietica. “Per la Russia in pericolo quindi, i rifornimenti occidentali dovevano essere celeri, continui e proporzionati al dispendio. (scrive Piero Sella in “L’Occidente contro l’Europa” – Ediz. de “L’Uomo Libero” – Milano 1984) In tutte le conferenze alleate il tema centrale fu quello di aiutare la Russia e di concordare i modi più validi per farlo. Gli americani erano assai ben disposti e la loro produzione industriale sovrabbondante. Scrive il generale Deane, capo della missione militare statunitense a Mosca: “Negli USA c’erano migliaia di rappresentanti sovietici, i quali potevano visitare le nostre fabbriche, frequentare le nostre scuole e presenziare al collaudo degli aerei e delle armi…Mettevamo le nostre invenzioni nel campo elettronico e negli altri campi a disposizione dei russi. .. Non ci siamo mai lasciati sfuggire un’occasione per dare ai russi aerei, materiali ed informazioni che a parer nostro potessero essere utili per le loro operazioni belliche.” (…) Nel settembre ’41 Harriman e Lord Beaverbrook sono a Mosca per prendere nota delle necessità sovietiche; li accompagna un primo credito di un miliardo di dollari. Il presidente Roosvelt, in una sua lettera del 7 marzo 1942, stabilisce che le spedizioni alla Russia debbano avere la precedenza assoluta, non solo nei confronti degli alleati, ma, persino, sulle forze armate USA. Nel corso del conflitto, si mossero per la Russia dai porti americani 2.660 navi che portarono a destinazione oltre venti milioni di tonnellate di armamenti e rifornimenti. Di queste navi solo 77 furono affondate. Notevole fu anche la quantità di rifornimenti che prese il via dai porti inglesi. Churchill riferisce la spedizione di migliaia di aerei e di carri armati. (…) Dagli Stati Uniti giunsero ai sovietici 13.303 carri armati e autoblindo, 8.212 cannoni, 2.328 trattori per artiglieria, 11.000 carri ferroviari, 427.284 automezzi di ogni tipo, in prevalenza autocarri. Kruscev, a proposito di questi ultimi, dice: “Provate ad immaginare come avremmo potuto avanzare da Stalingrado a Berlino senza questi mezzi. Le nostre perdite sarebbero state enormi perché non avremmo avuto possibilità di manovra.” La congiuntura bellica aveva favorito la sinergia sovietico-statunitense che all’indomani della seconda guerra mondiale porterà al condominio planetario tra le due superpotenze. Il mondo bipolare da allora e fino alla fine degli anni Ottanta avrebbe vissuto sotto la dittatura dei due imperialismi contrapposti eppure complici della spartizione globale a seguito della guerra di aggressione scatenata dall’Internazionale Ebraica contro l’Europa dell’Ordine Nuovo. Il periodo compreso tra la metà degli anni Trenta e la metà degli anni Quaranta sarà dunque gravido di conseguenza nefaste per il Vecchio Continente e provocherà inevitabili terremoti nelle relazioni internazionali che ridisegneranno la carta geopolitica del potere mondiale con particolari conseguenze soprattutto per l’Europa divisa ed occupata da eserciti stranieri ed annessa quale sorta di colonia alle mire strategiche di Stati Uniti e URSS. Questa fase coincide, all’interno dell’Unione Sovietica, con la riorganizzazione in senso nazionalista della nomenklatura raccoltasi, dopo la morte di Lenin (1924), attorno al nuovo dittatore del Cremlino, il georgiano Joseph Stalin. “La campagna di eliminazione della “opposizione di sinistra” in URSS raggiunge la sua massima intensità negli anni 1936-38. (scrive Maurizio Lattanzio in “Stalinismo ed Ebraismo” – Ediz. “Barbarossa” – Saluzzo, 1986) Questa “purga” non deve però essere attribuita al presunto antigiudaismo di Stalin, cioè all’avversione spirituale ed etica nei confronti dell’essenza profonda e dei tratti qualificanti che caratterizzano la natura ebraica, né alla sua volontà di spezzare i legami che uniscono i trotskisti alla plutocrazia occidentale. Essa va invece ricollegata all’esigenza di sopprimere una tendenza politico-ideologica che, avendo elaborato una diversa interpretazione del pensiero marxiano, ne aveva dedotto moduli di gestione del potere sovietico opposti a quelli staliniani, qualificandosi quindi come fazione rivale di Stalin all’interno del partito comunista. Stalin, benché ebreo, comprende che le garanzie di sopravvivenza del marxismo sono inscindibilmente legate alla realizzazione del “socialismo in un solo paese”, cioè alla nascita di una forma di nazionalcomunismo radicato nelle profonde correnti storiche del panslavismo, nel quadro di una concezione autoritaria, burocratica e centralizzatrice dello Stato. (…) Stalin, alias Joseph Vissarionovitch Djugashvili, è un ebreo circondato da ebrei. Il nome di Stalin, Djugashvili, significa in georgiano “figlio di israelita”; “chvili”= figlio e “Djuga”= israelita. La famiglia Djugashvili, di religione cristiano-ortodossa, discende dal Caucaso, convertita all’inizio del XIX secolo. La moglie di Stalin, Raissa Kaganovitch, è un’ebrea il cui padre, Lazarus, è vice-segretario del partito comunista, Commissario del popolo per l’industria pesante e membro dell’Ufficio Politico. Quanto ai cognati di Stalin, Michael Kaganovitch è Commissario del popolo per l’industria bellica e membro del Comitato centrale del partito, Aaron è amministratore per gli approvvigionamenti di Kiev, Sergio è dirigente dell’industria tessile e Boris di quella dei rifornimenti per l’esercito. Inoltre la moglie di Molotov, numero due del Cremlino, l’ebrea Scemciuchina Karp, permetterà alla Russia staliniana di continuare a coltivare – nonostante l’eliminazione dei “quadri” trotskisti – ottimi rapporti con i plutocrati della famiglia Karp. “Le grandi fornitura americane all’URSS – scrive Giovanni Preziosi – nel 1928, forniture di navi, armi, macchine utensili ecc. passarono tutte attraverso le mani della famiglia Karp. La Scemciuchina Molotov-Karp è rimasta sempre in ottimi rapporti con i finanzieri ebrei di New York: Jacob Schiff, Warburg e Kahan, le cui strette relazioni con l’ebreo Maiski, ambasciatore sovietico a Londra, sono state parecchie volte rilevate dalla stampa.” E difatti non crediamo affatto alle ricostruzioni, anche quelle su pretese basi ‘storiche’, che vorrebbero identificare l’ultima fase dello stalinismo con l’affermazione di una presunta politica “antisemitica” diretta allo “sterminio” dell’intellighenzia ebraica sovietica. Stalin non aderirà mai a posizioni antigiudaiche organiche né l’eliminazione dei trotzkisti prima e neppure la cosiddetta cospirazione dei medici “scoperto” nel gennaio 1953 assumeranno i tratti di una posizione stalinista riconducibile all’antigiudaismo. Le misure repressive assunte dal massimo dirigente del Cremlino rispondono invece a semplici valutazioni contingenti della politica sovietica relative al soddisfacimento di equilibri di potere geopolitico-strategici su scala internazionale che determineranno la posizione anti-sionista, non antigiudaica, di Stalin. “Ciò è dimostrato – scrive Maurizio Lattanzio – dal fatto che, nel corso dell’esperienza staliniana, fino al 1949, gli esponenti ebrei installati al potere nell’Europa orientale dai carri armati dell’Armata Rossa, non saranno nemmeno sfiorati da qualsivoglia forma di persecuzione o di atteggiamento persecutorio. In Cecoslovacchia i primi arresti dei capi sionisti risalgono proprio al 1949, mentre il processo Slansky sarà tenuto nel 1952. La Cecoslovacchia sarà inoltre il canale privilegiato attraverso il quale fluiranno – nel 1948 – gli aiuti sovietici all’ebraismo che, dopo aver occupato la Palestina, si avvierà a consolidare in Medio Oriente la sua base operativa da cui sprigionare una sanguinaria prassi di aggressione e genocidio nei confronti del popolo palestinese. (…) In Romania Ana Pauker Robinson è destituita nel 1952, anno in cui, tra l’altro, la “Jewish Chronicle” del 22 febbraio può ancora scrivere che “…gli ebrei romeni contribuiscono ora in ogni ramo dell’industria statale, commercio, agricoltura, educazione esercito. Gli ebrei in campo economico continuano a progredire sempre maggiormente (…) Anche in Ungheria, secondo il dott. Bela Fabian, ex membro del parlamento ungherese, “la campagna antisionista (in Ungheria) comincia nel 1949” (dichiarazione dell’ufficio informazioni ucraino del marzo 1951). Le vittime di questa campagna, uccisi o epurati, sono Zoltan Vas, ministro della pianificazione, Gyula Decsi, ministro della giustizia, Timarand, assistente alla segreteria di Stato, Peter Habor, capo della polizia segreta, Csapa, capo del dipartimento economico della polizia segreta, J. Szebersky, capo sezione internazionale del ministero delle finanze, Istvan Szirmay, direttore del sistema radioattiva. (…) In Germania orientale la “purga” antisionista prende avvio alla fine del 1952, e precisamente il 30 dicembre, giorno in cui si diffonde la notizia che il governo di Pankow sta eliminando il suo ufficio informazioni, a capo del quale è l’ebreo Gerhard Eisler, mentre al dipartimento stampa è l’ebreo Albert Norden. (…) Perché in Polonia si manifestino i segnali di una riscossa antisionista bisogna attendere addirittura la fine del 1953. Infatti , tra i satelliti dell’URSS, probabilmente la Polonia rappresenta il paese più massicciamente e sistematicamente egemonizzato e ‘colonizzato’ dall’elemento ebraico. (…) L’antisionismo sovietico è dunque solo la risposta sovietica alla politica israeliana di allineamento con gli USA. Sono misure di carattere reattivo, le quali non derivano omogeneamente dalla radicale ripulsa nei confronti dell’universo spirituale e religioso, culturale ed etico che definisce i profili ontologici dell’ebraismo.”. Stalin non potrà assumere posizioni antiebraiche perché nelle sue vene scorreva sangue giudeo – ed il richiamo del ‘sangue’, quindi della razza, sarà sempre predominante nell’elemento ebraico - oltre ai rapporti matrimoniali con femmine di eletta ascendenza e ad una pluritrentennale solidarietà di ‘razza’ nei confronti degli elementi ebrei che dal 1919 al 1949 lo affiancheranno o coadiuveranno nell’esercizio del potere diventato, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, assoluto e totalitario. Tra gli ebrei che otterranno posizioni rilevanti di potere all’ombra del dittatore sovietico ne troviamo infatti parecchi che manterranno o aumenteranno le loro posizioni all’interno della nomenclatura anche dopo l’inizio della politica anti-sionista (1949) e fino ed oltre la scomparsa del dittatore sovietico (1953). Tra costoro figurano: a) Laurenti Pavlovich Beria, potente capo della polizia segreta nel 1938, poi membro del Politburo nel 1946 e infine presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’Interno nel 1953 prima della sua destituzione; b) Lev Z. Mekhlis,  già capo del dipartimento politico dell’Armata Rossa. Ministro delle dogane ed editore della ‘Pravda’, membro del Comitato Centrale del partito fino alla sua morte nel 1953; c) Solomon Lozovski, Direttore del servizio informazioni durante la seconda guerra mondiale diventerà ministro degli Esteri nel 1951; d) A.M. Jacobson, membro del Presidium del Soviet Supremo nel 1951; e) Eugene Varga (alias Weissfeld) , consigliere economico di Stalin. Sarà l’inviato del Cremlino per l’Ungheria dal 1952; f) Ilya Ehremburg, capo della propaganda sovietica e vice-presidente del Consiglio della pace mondiale, organismo promosso dal Cremlino; g) Anatoli Josifovich Lavrentiev (alias Lipmann), Ministro degli Esteri dal 1949 al 1951. Successivamente ha capitanato le missioni diplomatiche sovietiche in Iugoslavia, Bulgaria e Cecoslovacchia (1951), in Romania (1952) e in Persia (1953); h) P.A, Judin, Ministro delle costruzioni dell’industria pesante (1951); i) I.A. Levine, vice-ministro dei lavori pubblici nel 1950; l) A.M. Kirchestein, Presidente del Presidium nel 1951; m) Paval Judin, editore del giornale del Cominform nel 1951 successivamente viene nominato membro del Comitato Centrale (1952) quindi inviato del Cremlino in Bulgaria e Germania Orientale (1953); n) Maxim Litvinov (alias Wallach), diplomatico sovietico; o) Peter Levitsky, capo del Consiglio delle nazionalità (1951); p) Semyon Yakovlevich Fomin, Ministro dell’industria macchine da costruzione (1951); q) Ivan Isidorevich Nossenko, vice-ministro dei trasporti navali (1951), nominato ministro dei trasporti ed industria pesante nell’estate 1953; r) N. Yakovliev, capo del dipartimento scolastico del Comitato Centrale del partito nel 1952; s) Mark Spivak, Ministro dell’agricoltura ucraina nel 1954; t) Georgi F. Alexandrov, Ministro della Cultura nel 1954. Il “Jewish Chronicle” esultante in data 6 aprile 1951 poteva scrivere affermando che “molti ebrei russi hanno meritato il premio Stalin”. In modo analogo David Zaslanvsky, editore ebreo della ‘Pravda’ , poteva rassicurare la stampa canadese e statunitense affermando che “gli Ebrei in Russia possono svilupparsi economicamente e culturalmente secondo la loro scelta e desiderio” ( dal “Daily People’s World”, Los Angeles , USA, 29 Ottobre 1951). Rueben Falber sulla gazzetta ebraica “Jewish Clarion” poteva scrivere nel febbraio 1952: “E’ assurdo affermare che gli ebrei nell’URSS sono stati imbavagliati per il fatto che coloro che vivono a Mosca non trovino alcun giornale yiddish e non hanno alcun teatro yiddish. Gli Ebrei, alla pari di tutti i cittadini sovietici, hanno larga possibilità di esprimersi e di servirsi di ogni tipo di giornale della repubblica dove risiedono. In quelle zone dove ci sono forti gruppi di ebrei che parlano yiddish , come Minsk o Birobidjian, ci sono teatri yiddish”. Ricordiamo qui brevemente, in rapida sequenza, alcuni tra i principali esponenti della nomenclatura sovietica di eletta ascendenza alcuni già citati altri successivi alla destalinizzazione avviata da Nikita Kruscev nel 1956: Yuri Andropov (1914-1984): dirigente, Capo del KGB sovietico, più tardi dittatore supremo dell’Unione Sovietica. Jacob Sverdlov: primo Presidente dell’Unione Sovietica. Sverdlov ordinò il massacro della famiglia dello Zar – donne e bambini compresi – nella città di Ekaterinburg (chiamata così dopo la morte di Caterina la Grande). Nel 1924, tale città cambiò il nome, assumendo quello di Sverdlovsk in onore del feroce assassino. Jacob Yurovsky: comandante della Polizia Segreta sovietica. Yurovsky comandò la squadra della morte che eseguì l’ordine di Sverdlov di sterminare la famiglia dello Zar, incluso il colpire con la baionetta a morte le sue figlie. La casa degli lpatyev, nella cui cantina avvenne il massacro, rimase intatta fino al 1977, quando il capo del Partito Comunista locale, Boris Eltsin, ordinò che fosse demolita. affinché non divenisse un sacrario del sentimento antiebraico. Lazar Moiseyevich Kaganovic : principale massacratore di Stalin, ordinò lo sterminio di milioni di persone e la distruzione di tantissimi monumenti cristiani e chiese, inclusa la grande Cattedrale di Cristo Redentore. Stando in piedi nella breccia di questo luogo sacro, Kaganovich proclamò: “La Madre Russia è caduta. Noi le abbiamo strappato i suoi lembi..”. Mikhail Kaganovich: deputato, Commissario dell’industria pesante, supervisore al lavoro degli schiavi, fratello di Lazar Moiseyevich. Rosa Kaganovich: amante di Stalin; sorella di Lazar e Mikhail. Paulina Zhemchuzina: membro del Comitato Centrale del Partito Comunista e moglie del Ministro degli Esteri sovietico Míchajlovic Molotov. Olga Bronstein: ufficiale della CEKA, la Polizia Segreta sovietica, sorella di Trotsky e moglie di Kamenev. Genrikh Yagoda: Capo della Polizia Segreta sovietica, straordinario assassino di massa. Romain Rolland: poeta e vincitore del Premio Nobel, scrisse un inno di encomio a Yagoda. Matvei Berman e Naftaly Frenkel: fondatori del sistema dei campi di morte detti Gulag. Lev Inzhir: Commissario per il trasferimento nei campi di sterminio sovietici e responsabile dell’amministrazione degli stessi. Boris Berman: ufficiale esecutivo della Polizia Segreta sovietica e fratello di Matvei. K. V Pauker: Capo delle operazioni, nonché membro importante della NKVD, la Polizia Segreta sovietica. Firin, Rappoport, Kogan e Zhuk: Commissari nei campi della morte e per il lavoro degli schiavi; essi diressero l’uccisione in massa dei lavoratori durante la costruzione dei Canale Mar Bianco-Mar Baltico. M. I. Gay: Comandante della Polizia Segreta sovietica. Slutsky e Shpiegelglas: anch’essi Comandanti della Polizia Segreta sovietica. Isaac Babel: importante ufficiale della Polizia Segreta sovietica. Leiba Lazarevich Feldbin (Aleksandr Orlov): Comandante dell’Armata Rossa e ufficiale della Polizia Segreta. Feldbin ricoprì inoltre la carica di Capo della Sicurezza durante la Guerra Civile spagnola. Diresse il massacro dei sacerdoti cattolici e dei contadini spagnoli. Yona Yakir: Generale dell’Armata Rossa e membro del Comitato Centrale del Partito Comunista. Dimitri Shmidt: Generale dell’Armata Rossa. Yakov (“Yankel”) Kreiser: Generale dell’Armata Rossa. Miron Vovsi: Generale dell’Armata Rossa. David Dragunsky: Generale dell’Armata Rossa ed “eroe”dell’Unione Sovietica. Grigori Shtern: Generale dell’Armata Rossa. Mikhail Chazkelevich: Generale dell’Armata Rossa. Shimon Kirvoshein: Generale dell’Armata Rossa. Arseni Raskin: Vicecomandante dell’Armata Rossa. Haim Fomin: Comandante di Brest-Litovsk, dell’Armata Rossa. Almeno cento Generali sovietici erano ebrei . Molti Generali che non erano ebbero però spesso mogli ebree . Fra questi il Maresciallo Clem Efremovic Voroshilov (1881-1969), il Maresciallo Nicolaj Aleksandro Bulganin (1875-1975), il Maresciallo Peresypkin e il Generale Pavel Sudoplatov. La moglie ebrea come «polizza di assicurazione» si estese a membri del Politburo come Andrei Andreyev e Leonid Brezhnev (1906- 1982). Sergei Eisenstein: Direttore della propaganda comunista. Egli girò un film che dipinse i contadini cristiani (i cosiddetti «kulaki») come orrendi parassiti a caccia dì denaro. I «kulaki, furono quindi massacrati . Julius Rosenwald: fondatore del «K.O.M.Z.E.T.», la Commissione per la sistemazione degli ebrei comunisti sulla terra rapinata ai cristiani assassinati in Ucraina. Rosenwald era un finanziere ebreo-americano. Uya Erenburg (1891-1967): Ministro della Propaganda sovietica disseminatore di materiale d’odio antitedesco fin dagli anni ’30. Erenburg istigò gli stupri dell’Armata Rossa e l’assassinio in massa dei civili tedeschi. Riferendosi alle donne tedesche, Erenburg esultò per l’avanzata delle truppe dell’Armata Rossa e disse:” Quelle streghe bionde sono nei guai”. Erenburg scrisse. fra l’altro, in un volantino indirizzato alle truppe sovietiche:”[...] i tedeschi non sono esseri umani[...]. Niente ci dà tanta gioia come i cadaveri tedeschi”. Goldberg afferma che Erenburg, “[..] provò sempre antipatia per i tedeschi[..]. Ora che c’era una guerra contro di loro mise in atto il suo vecchio pregiudizio”. Un’altra pubblicazione distribuita all’Armata Rossa, quando i soldati si avvicinavano a Danzica, fu così descritta da uno storico: «Furono lasciati cadere dagli aerei sulle truppe milioni di volantini contenenti un discorso propagandistico composto da IIya Erenburge firmato da Stalin: “Soldati dell’Armata Rossa! Uccidete i tedeschi! Uccidete tutti i tedeschi! Uccidete! Uccidete! Uccidete!” Il comando sovietico ammise che Erenburg perseguiva lo sterminio di tutto il popolo tedesco . Erenburg vinse inoltre l’Ordine di Lenin e il Premio Stalin,e volle che i suoi scritti fossero conservati al Museo israeliano dell’Olocausto Yad Vashem. Appaiono quindi inesistenti i presunti ‘contrasti’ tra sovietismo e giudaismo. Infine sottolineiamo la particolare ‘predisposizione’ ontologico-razziale dell’anima slava alla ‘recezione’ dell’ideologia marxista. Scrive in proposito Pino Rauti: “In realtà il marxismo ha trovato nell’Europa orientale, ha trovato nella razza slava, il terreno fertile per quella che definiremmo la sua “trasmutazione politica”: arsa al fuoco di una realtà prevista, essa si è “condensata” ad oriente nell’aggressività di genti che anelavano da tempo ad un nuovo tentativo espansionista” (Pino Rauti – “Le idee che mossero il mondo” – Edizioni “Europa” – Roma 1980). Una delle più spietate critiche al modello di Stato sovietico ed alla sua evoluzione storica , ed una testimonianza autorevolissima proveniente da un ex comunista che aveva preso contatti diretti con gli ambienti sovietici nei primi anni venti , immediatamente dopo la rivoluzione, inneggiando ai soviet, sarà quella tracciata sulle pagine della sua rivista, “La Verità”, da Nicola Bombacci. Bombacci, già fondatore del Partito Comunista d’Italia nel congresso scissionista dell’ala massimalista del socialismo italiano svoltosi a Livorno nel gennaio 1921, era stato per tutti gli anni Venti il principale responsabile della politica commerciale del suo partito in direzione di Mosca. Certamente fu tra i comunisti italiani uno dei maggiori conoscitori della realtà sovietica. Aveva fatto parte della delegazione italiana che si era incontrata con i sovietici nel marzo 1920.  Nella sua veste di parlamentare del PSI , prima della scissione di Livorno, aveva inoltre presentato nel dicembre 1919 un progetto per la costituzione in Italia dei soviet dei lavoratori. Per questi e altri motivi l’articolo che pubblicherà sulla sua rivista sarà una attenta disamina di venti anni di potere bolscevico nella Russia dove verrà messa in luce la sinergia esistente tra URSS e democrazie occidentali sottolineando come solo attraverso l’appoggio finanziario ed economico dell’alta banca plutocratica d’Occidente (particolarmente degli istituti di credito anglo-franco-statunitensi) lo stato sovietico poteva ancora reggersi in piedi: “Quando i rivoluzionari disinteressati, gli idealisti, le nazioni proletarie si sono illuse di poter salutare nel colpo di stato di Lenin l’alba di un giorno più giusto ed umano per tutti i condannati alla dura fatica del lavoro, chi ha gridato al crucifige, chi ha innalzato il filo spinato, chi ha mandato in aiuto di Denikin, di Wrangel e di Kolciak , soldati, armi e rifornimenti? Le grandi nazioni democratiche: Francia e Inghilterra. Perché, ora che questa illusione è caduta, che le anime oneste di ogni fede e di ogni principio politico non vedono nel caos dell’URSS che un centro di rapina, di sangue e di disordine nazionale ed internazionale, queste stesse nazioni democratiche hanno capovolto la loro politica e si sono rese le vere responsabili morali e materiali del perpetuarsi del terrore bolscevico? La ragione è una sola, fredda, volgare, ma reale: l’interesse, il denaro, l’affare. (…) La Francia, l’Inghilterra, l’America capitalista, quando hanno vista spenta, per confessione dello stesso Lenin, nel 1923-24, la possibilità di un esperimento comunista, per il mancato estendersi della rivoluzione bolscevica nei paesi occidentali, hanno abbandonato al loro destino le armate dei generali zaristi aiutate perché dovevano soprattutto proteggere i loro pozzi di petrolio, hanno tolto il filo spinato, e si sono gettate a corpo morto nell’affare. E’ così che sono sorti i piani quinquennali, gli stabilimenti colossali, l’industrializzazione del suolo e del sottosuolo. (…) Noi proclamiamo con onesta coscienza che la Russia staliniana bolscevica è divenuta una colonia del capitalismo massonico-ebraico internazionale…” (Nicola Bombacci – articolo “Il ventennale della rivoluzione russa e il patto antibolscevico di Roma (Rilievi e contraddizioni)” da “La Verità”, Anno II, Nr. 5, Novembre 1937 cit. in Guglielmo Salotti – “Nicola Bombacci da Mosca a Salò” -  Ediz. “Bonacci” – Roma, 1986). Benito Mussolini, duce del Fascismo italiano, aveva messo già in guardia sulla deriva borghese e capitalistica del movimento bolscevico riconoscendo nell’esperimento sovietico nient’altro che la costituzione di un super-capitalismo di Stato in quanto, per Marx, lo Stato rappresentava “il comitato d’affari della borghesia” e pertanto era possibile constatare come “Per uno di quei paradossi che sono abbastanza frequenti nella storia, la rivoluzione russa si è risolta nell’impreveduta e imprevedibile apoteosi del capitalismo che è diventato un capitalismo di Stato. Lo Stato socialista è, infatti, uno Stato capitalista all’ennesima potenza” (Benito Mussolini – “Contro il bolscevismo” – citazione del 22 giugno 1928; da “Mussolini contro il mito di demos” – Ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1983). Da qualunque parte lo si voglia guardare il rapporto di filiazione ideologica, politica, economica, sociale, filosofica, culturale del marxismo dalle ideologie illuministico-massoniche della Rivoluzione madre borghese degli Immortali Principii appare nitidissimo. Nato dall’alveolo borghese , figlio degenere di cotanta immondizia ideologica fondata sugli immortali principii dell’89, il bolscevismo – con tutta la sua carica rivoluzionaria incendiaria che scatenerà i sentimenti dell’invidia sociale, dell’odio di classe e quelli della violenza politica pianificata e sistematica – non poteva che ritornare nell’alveolo borghese che lo aveva concepito e finire, come giustamente accadrà, sconfitto dal libero mercato, dai fast food e dal coca-colonialismo occidentale statunitense crollando miseramente dopo 74 anni di misfatti indicibili e terminando infine nel dimenticatoio della storia mondiale. Un fallimento, un grande inganno, una menzogna colossale, una aberrazione politica, un’utopia sociale questo e mille altre cose ancora fu il comunismo. Soprattutto esso rappresentò una sezione del piano di dominio planetario dell’Internazionale Ebraica.

Riportiamo per completezza anche la postilla apposta dallo stesso Preziosi alla fine dell’articolo in questione: “Va bene per Marx ebreo che si chiamava Mordechai, ma e Lassalle come si chiamava? Il cognome autentico di Lassalle era Talmi; la famiglia dal villaggio di Loslau (Slesia) , donde proveniva, si chiamava “Loslauer”, come i nostri ebrei si chiamano, ad esempio, Veneziano ecc.; in dialetto i Talmi si chiamavano Losl oppure Lasl. Il padre del rivoluzionario divenuto ricco negoziante di seta, per snobismo ebraico, cambiò il Lasl in Lassalle…Sono note le avventure galanti del Ferdinando Lassalle che morì in duello per una di tali avventure".

(Fonte: http://dagobertobellucci.wordpress.com/2012/03/28/giudaismo-marxismo-bolscevismo – 28 marzo 2012)

(Postato il 15 aprile 2013)

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