Crisi

Le crisi economiche sono uno dei tanti strumenti in mano ai poteri forti per giocare le proprie carte e manovrare le proprie pedine, a proprio piacimento. Non sono altro che "bluff" creati a tavolino, per indurre il timore nella popolazione mondiale, quindi imporre i regimi di austerità, facendo credere che siano necessari. La storia è piena di crisi economiche create a regola d'arte: un esempio su tutti quella di Wall Street del 1929. Ma, siccome sono italiano, il primo capitolo di questa pagina "Crisi" la voglio dedicare alla crisi attuale, e precisamente dove vanno ricercati i motivi scatenanti, a bordo del panfilo reale inglese "Britannia", al largo delle coste italiane, il 2 giugno 1992...!  (Postato il 20 ottobre 2013)

1992 - Come fu svenduta l’Italia: l’inizio dell’attuale crisi

di Antonella Randazzo

Era il 1992, all'improvviso un'intera classe politica dirigente crollava sotto i colpi delle indagini giudiziarie. Da oltre quarant'anni era stata al potere. Gli italiani avevano sospettato a lungo che il sistema politico si basasse sulla corruzione e sul clientelismo. Ma nulla aveva potuto scalfirlo. Né le denunce, né le proteste popolari (talvolta represse nel sangue), né i casi di connivenza con la mafia, che di tanto in tanto salivano alla cronaca. Ma ecco che, improvvisamente, il sistema crollava. Cos'era successo da fare in modo che gli italiani potessero avere, inaspettatamente, la soddisfazione di constatare che i loro sospetti sulla corruzione del sistema politico erano reali?
Mentre l'attenzione degli italiani era puntata sullo scandalo delle tangenti, il governo italiano stava prendendo decisioni importantissime per il futuro del paese. Con l'uragano di "Tangentopoli" gli italiani credettero che potesse iniziare un periodo migliore per l'Italia. Ma in segreto, il governo stava attuando politiche che avrebbero peggiorato il futuro del paese. Numerose aziende saranno svendute, persino la Banca d'Italia sarà messa in vendita. La svendita venne chiamata "privatizzazione".
Il 1992 fu un anno di allarme e di segretezza. L'allora Ministro degli Interni Vincenzo Scotti, il 16 marzo, lanciò un allarme a tutti i prefetti, temendo una serie di attacchi contro la democrazia italiana. Gli attacchi previsti da Scotti erano eventi come l'uccisione di politici o il rapimento del presidente della Repubblica. Gli attacchi ci furono, e andarono a buon fine, ma non si trattò degli eventi previsti dal Ministro degli Interni. L'attacco alla democrazia fu assai più nascosto e destabilizzante.
Nel maggio del 1992, Giovanni Falcone venne ucciso dalla mafia. Egli stava indagando sui flussi di denaro sporco, e la pista stava portando a risultati che potevano collegare la mafia ad importanti circuiti finanziari internazionali. Falcone aveva anche scoperto che alcuni personaggi prestigiosi di Palermo erano affiliati ad alcune logge massoniche di rito scozzese, a cui appartenevano anche diversi mafiosi, ad esempio Giovanni Lo Cascio. La pista delle logge correva parallela a quella dei circuiti finanziari, e avrebbe portato a risultati certi, se Falcone non fosse stato ucciso.
Su Falcone erano state diffuse calunnie che cercavano di capovolgere la realtà di un magistrato integro. La gente intuiva che le istituzioni non lo avevano protetto. Ciò emerse anche durante il suo funerale, quando gli agenti di polizia si posizionarono davanti alle bare, impedendo a chiunque di avvicinarsi. Qualcuno gridò: "Vergognatevi, dovete vergognarvi, dovete andare via, non vi avvicinate a queste bare, questi non sono vostri, questi sono i nostri morti, solo noi abbiamo il diritto di piangerli, voi avete solo il dovere di vergognarvi". Che la mafia stesse utilizzando metodi per colpire il paese intero, in modo da spaventarlo e fargli accettare passivamente il "nuovo corso" degli eventi, lo si vedrà anche dagli attentati del 1993.
Gli attentati del 1993 ebbero caratteristiche assai simili agli attentati terroristici degli anni della "strategia della tensione", e sicuramente avevano lo scopo di spaventare il paese, per indebolirlo. Il 4 maggio 1993, un'autobomba esplode in via Fauro a Roma, nel quartiere Parioli. Il 27 maggio un'altra autobomba esplode in via dei Georgofili a Firenze, cinque persone perdono la vita. La notte tra il 27 e il 28 luglio, ancora un'autobomba esplode in via Palestro a Milano, uccidendo cinque persone. I responsabili non furono mai identificati, e si disse che la mafia volesse "colpire le opere d'arte nazionali", ma non era mai accaduto nulla di simile. I familiari delle vittime e il giudice Giuseppe Soresina saranno concordi nel ritenere che quegli attentati non erano stati compiuti soltanto dalla mafia, ma anche da altri personaggi dalle "menti più fini dei mafiosi".
Falcone era un vero avversario della mafia. Le sue indagini passarono a Borsellino, che venne assassinato due mesi dopo. La loro morte ha decretato il trionfo di un sistema mafioso e criminale, che avrebbe messo le mani sull'economia italiana, e costretto il paese alla completa sottomissione politica e finanziaria. Mentre il ministro Scotti faceva una dichiarazione che suonava quasi come una minaccia: "la mafia punterà su obiettivi sempre più eccellenti e la lotta si farà sempre più cruenta, la mafia vuole destabilizzare lo stato e piegarlo ai propri voleri", Borsellino lamentava regole e leggi che non permettevano una vera lotta contro la mafia. Egli osservava: "non si può affrontare la potenza mafiosa quando le si fa un regalo come quello che le è stato fatto con i nuovi strumenti processuali adatti ad un paese che non è l’Italia e certamente non la Sicilia. Il nuovo codice, nel suo aspetto dibattimentale, è uno strumento spuntato nelle mani di chi lo deve usare. Ogni volta, ad esempio, si deve ricominciare da capo e dimostrare che Cosa Nostra esiste".
I metodi statali di sabotaggio della lotta contro la mafia sono stati denunciati da numerosi esponenti della magistratura. Ad esempio, il 27 maggio 1992, il Presidente del tribunale di Caltanissetta Placido Dall’Orto, che doveva occuparsi delle indagini sulla strage di Capaci, si trovò in gravi difficoltà: "Qui è molto peggio di Fort Apache, siamo allo sbando. In una situazione come la nostra la lotta alla mafia è solo una vuota parola, lo abbiamo detto tante volte al Csm". Anche il Pubblico Ministero di Palermo, Roberto Scarpinato, nel giugno del 1992 disse: "Su un piatto della bilancia c’ è la vita, sull’altro piatto ci deve essere qualcosa che valga il rischio della vita, non vedo in questo pacchetto un impegno straordinario da parte dello Stato, ad esempio non vedo nulla di straordinario sulla caccia e la cattura dei grandi latitanti".
Nello stesso anno, il senatore Maurizio Calvi raccontò che Falcone gli confessò di non fidarsi del comando dei carabinieri di Palermo, della questura di Palermo e nemmeno della prefettura di Palermo.
Che gli assassini di capaci non fossero tutti italiani, molti lo sospettavano. Il Ministro Martelli, durante una visita in Sudamerica, dichiarò: "Cerco legami tra l’assassinio di Falcone e la mafia americana o la mafia colombiana". Lo stesso presidente del consiglio Amato, durante una visita a Monaco, disse: "Falcone è stato ucciso a Palermo ma probabilmente l’omicidio è stato deciso altrove".
Probabilmente, le tecniche d'indagine di Falcone non piacevano ai personaggi con cui il governo italiano ebbe a che fare quell'anno. Quel considerare la lotta alla mafia soprattutto un dovere morale e culturale, quel coinvolgere le persone nel candore dell'onestà e dell'assenza di compromessi, gli erano valsi la persecuzione e i metodi di calunnia tipici dei servizi segreti inglesi e statunitensi. Tali metodi mirano ad isolare e a criminalizzare, cercando di fare apparire il contrario di ciò che è. Cercarono di far apparire Falcone un complice della mafia. Antonino Caponnetto dichiarò al giornale La Repubblica: "Non si può negare che c’è stata una campagna (contro Falcone), cui hanno partecipato in parte i magistrati, che lo ha delegittimato. Non c’è nulla di più pericoloso per un magistrato che lotta contro la mafia che l’essere isolato".
L'omicidio di due simboli dello Stato così importanti come Falcone e Borsellino significava qualcosa di nuovo. Erano state toccate le corde dell'élite di potere internazionale, e questi omicidi brutali lo testimoniavano. Ciò è stato intuito anche da Charles Rose, Procuratore distrettuale di New York, che notò la particolarità degli attentati: "Neppure i boss più feroci di Cosa Nostra hanno mai voluto colpire personalità dello Stato così visibili come era Giovanni, perché essi sanno benissimo quali rischi comporta attaccare frontalmente lo Stato. Quell’attentato terroristico è un gesto di paura... Credo che una mafia che si mette a sparare ai simboli come fanno i terroristi... è condannata a perdere il bene più prezioso per ogni organizzazione criminale di quel tipo, cioè la complicità attiva o passiva della popolazione entro la quale si muove".
Infatti, quell'anno gli italiani capirono che c'era qualcosa di nuovo, e scesero in piazza contro la mafia. Si formarono due fronti: la gente comune contro la mafia, e le istituzioni, che si stavano sottomettendo all'élite che coordina le mafie internazionali. Quell'anno l'élite anglo-americana non voleva soltanto impedire la lotta efficace contro la mafia, ma voleva rendere l'Italia un paese completamente soggiogato ad un sistema mafioso e criminale, che avrebbe dominato attraverso il potere finanziario.
Come segnalò il presidente del Senato Giovanni Spadolini, c'era in atto un'operazione su larga scala per distruggere la democrazia italiana: "Il fine della criminalità mafiosa sembra essere identico a quello del terrorismo nella fase più acuta della stagione degli anni di piombo: travolgere lo stato democratico nel nostro paese. L’obiettivo è sempre lo stesso:  delegittimare lo Stato, rompere il circuito di fiducia tra cittadini e potere democratico…se poi noi scorgiamo – e ne abbiamo il diritto – qualche collegamento internazionale intorno alla sfida mafia più terrorismo, allora ci domandiamo: ma forse si rinnovano gli scenari di dodici-undici anni fa? Le minacce dei centri di cospirazione affaristico-politica come la P2 sono permanenti nella vita democratica italiana. E c’è un filone piduista che sopravvive, non sappiamo con quanti altri. Mafia e P2 sono congiunte fin dalle origini, fin dalla vicenda Sindona".
Anche Tina Anselmi aveva capito i legami fra mafia e finanza internazionale: "Bisogna stare attenti, molto attenti... Ho parlato del vecchio piano di rinascita democratica di Gelli e confermo che leggerlo oggi fa sobbalzare. E’ in piena attuazione... Chi ha grandi mezzi e tanti soldi fa sempre politica e la fa a livello nazionale ed internazionale. Ho parlato in questi giorni con un importante uomo politico italiano che vive nel mondo delle banche. Sa cosa mi ha detto? Che la mafia è stata più veloce degli industriali e che sta già investendo centinaia di miliardi, frutto dei guadagni fatti con la droga, nei paesi dell’est... Stanno già comprando giornali e televisioni private, industrie e alberghi… Quegli investimenti si trasformeranno anche in precise e specifiche azioni politiche che ci riguardano, ci riguardano tutti. Dopo le stragi di Palermo la polizia americana è venuta ad indagare in Sicilia anche per questo, sanno di questi investimenti colossali, fatti regolarmente attraverso le banche".
Anni dopo, l'ex ministro Scotti confesserà a Cirino Pomicino: "Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della polizia Parisi che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti dei leaders dei partiti di governo". Una delle riunioni di cui parlava Scotti si svolse il 2 giugno del 1992, sul panfilo Britannia (ingrandisci foto in alto), in navigazione lungo le coste siciliane. Sul panfilo c'erano alcuni appartenenti all'élite di potere anglo-americana, come i reali britannici e i grandi banchieri delle banche a cui si rivolgerà il governo italiano durante la fase delle privatizzazioni (Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers).
In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca d'Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell'Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell'Iri Riccardo Galli. Gli intrighi decisi sulla Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane, fra le quali c'erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la Perugina e la Galbani. La stampa martellava su "Mani pulite", facendo intendere che da quell'evento sarebbero derivati grandi cambiamenti. Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato. Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che ambivano ad appropriarsi dell'Italia. Infatti, Amato, per iniziare le privatizzazioni, si affrettò a consultare il centro del potere finanziario internazionale: le tre grandi banche di Wall Street, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers.
Appena salito al potere, Amato trasformò gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l'élite finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare.
L'inizio fu concertato dal Fondo Monetario Internazionale, che, come aveva fatto in altri paesi, voleva privatizzare selvaggiamente e svalutare  la nostra moneta, per agevolare il dominio economico-finanziario dell'élite. L'incarico di far crollare l'economia italiana venne dato a George Soros, un cittadino americano che tramite informazioni ricevute dai Rothschild, con la complicità di alcune autorità italiane, riuscì a far crollare la nostra moneta e le azioni di molte aziende italiane.
Soros ebbe l'incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva dall'élite finanziaria. Egli fece attacchi speculativi degli hedge funds per far crollare la lira. A causa di questi attacchi, il 5 novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore, e anche negli anni successivi subì svalutazioni.
Le reti della Banca Rothschild, attraverso il direttore Richard Katz, misero le mani sull'Eni, che venne svenduta. Il gruppo Rothschild ebbe un ruolo preminente anche sulle altre privatizzazioni, compresa quella della Banca d'Italia. C'erano stretti legami fra il Quantum Fund di George Soros e i Rothschild. Ma anche numerosi altri membri dell'élite finanziaria anglo-americana, come Alfred Hartmann e Georges C. Karlweis, furono coinvolti nei processi di privatizzazione delle aziende e della Banca d'Italia.
La Rothschild Italia Spa, filiale di Milano della Rothschild & Sons di Londra, venne creata nel 1989, sotto la direzione di Richard Katz. Quest'ultimo diventò direttore del Quantum Fund di Soros nel periodo delle speculazioni a danno della lira. Soros era stato incaricato dai Rothschild di attuare una serie di speculazioni contro la sterlina, il marco e la lira, per destabilizzare il sistema Monetario Europeo. Sempre per conto degli stessi committenti, egli fece diverse speculazioni contro le monete di alcuni paesi asiatici, come l'Indonesia e la Malesia. Dopo la distruzione finanziaria dell'Europa e dell'Asia, Soros venne incaricato di creare una rete per la diffusione degli stupefacenti in Europa.
In seguito, i Rothschild, fedeli al loro modo di fare, cercarono di far cadere la responsabilità del crollo economico italiano su qualcun altro. Attraverso una serie di articoli pubblicati sul Financial Times, accusarono la Germania, sostenendo che la Bundesbank aveva attuato operazioni di aggiotaggio contro la lira. L'accusa non reggeva, perché i vantaggi del crollo della lira e della svendita delle imprese italiane andarono agli anglo-americani.
La privatizzazione è stata un saccheggio, che ancora continua. Spiega Paolo Raimondi, del Movimento Solidarietà:
Abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell'economia produttiva e l'esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l'Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico.
Qualche anno dopo la magistratura italiana procederà contro Soros, ma senza alcun successo. Nell'ottobre del 1995, il presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà, Paolo Raimondi, presentò un esposto alla magistratura per aprire un'inchiesta sulle attività speculative di Soros & Co, che avevano colpito la lira. L'attacco speculativo di Soros, gli aveva permesso di impossessarsi di 15.000 miliardi di lire. Per contrastare l'attacco, l'allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, bruciò inutilmente 48 miliardi di dollari.
Su Soros indagarono le Procure della Repubblica di Roma e di Napoli, che fecero luce anche sulle attività della Banca d'Italia nel periodo del crollo della lira. Soros venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete.
Spiegano il Presidente e il segretario generale del "Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà", durante l'esposto contro Soros:
È stata... annotata nel 1992 l 'esistenza... di un contatto molto stretto e particolare del sig. Soros con Gerald Carrigan, presidente della Federal Reserve Bank di New York, che fa parte dell'apparato della Banca centrale americana, luogo di massima circolazione di informazioni economiche riservate, il quale, stranamente, una volta dimessosi da questo posto, venne poi immediatamente assunto a tempo pieno dalla finanziaria "Goldman Sachs & co." come presidente dei consiglieri internazionali. La Goldman Sachs è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle monete a livello mondiale. La Goldman Sachs è anche coinvolta in modo diretto nella politica delle privatizzazioni in Italia. In Italia inoltre, il sig. Soros conta sulla strettissima collaborazione del sig. Isidoro Albertini, ex presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano e attuale presidente della "Albertini e co. SIM" di Milano, una delle ditte guida nel settore speculativo dei derivati. Albertini è membro del consiglio di amministrazione del "Quantum Fund" di Soros.
III. L'attacco speculativo contro la lira del settembre 1992 era stato preceduto e preparato dal famoso incontro del 2 giugno 1992 sullo yacht "Britannia" della regina Elisabetta II d'Inghilterra, dove i massimi rappresentanti della finanza internazionale, soprattutto britannica, impegnati nella grande speculazione dei derivati, come la S. G. Warburg, la Barings e simili, si incontrarono con la controparte italiana guidata da Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e dal futuro ministro Beniamino Andreatta, per pianificare la privatizzazione dell'industria di stato italiana. A seguito dell'attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%, codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell'economia nazionale e dell'occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all'incontro del Britannia avevano già ottenuto l'autorizzazione da parte di uomini di governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni stesse. Qui ci si riferisce per esempio alla Warburg, alla Morgan Stanley, solo per fare due tra gli esempi più noti. L'agenzia stampa EIR (Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il merito di mettere in discussione l'intero procedimento, alquanto singolare, di privatizzazione.

I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l'allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l'allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all'allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi. Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori.
Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la "necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo", pur sapendo che l'Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni.
Gli attacchi all'economia italiana andarono avanti per tutti gli anni Novanta, fino a quando il sistema economico- finanziario italiano non cadde sotto il completo controllo dell'élite. Nel gennaio del 1996, nel rapporto semestrale sulla politica informativa e della sicurezza, il Presidente del Consiglio Lamberto Dini disse:
I mercati valutari e le borse delle principali piazze mondiali continuano a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta, originate, specie in passaggi delicati della vita politico-istituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie infondate riguardanti la compagine governativa e da anticipazioni di dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo... è possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente, considerato il persistere di una fase congiunturale interna e le scadenze dell'unificazione monetaria.
Il giorno dopo, il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, riferiva che l'Italia non poteva far nulla contro le correnti speculative sui mercati dei cambi, perché "se le banche di emissione tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco".
Le nostre autorità denunciavano il potere dell'élite internazionale, ma gettavano la spugna, ritenendo inevitabili quegli eventi. Era in gioco il futuro economico-finanziario del paese, ma nessuna autorità italiana pensava di poter fare qualcosa contro gli attacchi destabilizzanti dell'élite anglo-americana.
Il Movimento Solidarietà fu l'unico a denunciare quello che stava effettivamente accadendo, additando i veri responsabili del crollo dell'economia italiana. Il 28 giugno 1993, il Movimento Solidarietà svolse una conferenza a Milano, in cui rese nota a tutti la riunione sul Britannia e quello che ne era derivato.
Il 6 novembre 1993, l 'allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi scrisse una lettera al procuratore capo della Repubblica di Roma, Vittorio Mele, per avviare "le procedure relative al delitto previsto all'art. 501 del codice penale ("Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio"), considerato nell'ipotesi delle aggravanti in esso contenute". Anche a Ciampi era evidente il reato di aggiotaggio da parte di Soros, che aveva operato contro la lira e i titoli quotati in Borsa delle nostre aziende.
Anche negli anni successivi avvennero altre privatizzazioni, senza regole precise e a prezzi di favore. Che stesse cambiando qualcosa, gli italiani lo capivano dal cambio di nome delle aziende, la Sip era diventata Telecom Italia e le Ferrovie dello Stato erano diventate Trenitalia.
Il decreto legislativo 79/99 avrebbe permesso la privatizzazione delle aziende energetiche. Nel settore del gas e dell'elettricità apparvero numerose aziende private, oggi circa 300. Dal 24 febbraio del 1998, anche le Poste Italiane diventarono una S.p.a. In seguito alla privatizzazione delle Poste, i costi postali sono aumentati a dismisura e i lavoratori postali vengono assunti con contratti precari. Oltre 400 uffici postali sono stati chiusi, e quelli rimasti aperti appaiono come luoghi di vendita più che di servizio.
Le nostre autorità giustificavano la svendita delle privatizzazioni dicendo che si doveva "risanare il bilancio pubblico", ma non specificavano che si trattava di pagare altro denaro alle banche, in cambio di banconote che valevano come la carta straccia. A guadagnare sarebbero state soltanto le banche e i pochi imprenditori già ricchi (Benetton, Tronchetti Provera, Pirelli, Colaninno, Gnutti e pochi altri).
Si diceva che le privatizzazioni avrebbero migliorato la gestione delle aziende, ma in realtà, in tutti i casi, si sono verificati disastri di vario genere, e il rimedio è stato pagato dai cittadini italiani.
Le nostre aziende sono state svendute ad imprenditori che quasi sempre agivano per conto dell'élite finanziaria, da cui ricevevano le somme per l'acquisto. La privatizzazione della Telecom avvenne nell'ottobre del 1997. Fu venduta a 11,82 miliardi di euro, ma alla fine si incassarono soltanto 7,5 miliardi. La società fu rilevata da un gruppo di imprenditori e banche., e al Ministero del Tesoro rimase una quota del 3,5%.
Il piano per il controllo di Telecom aveva la regia nascosta della Merril Lynch, del Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e della Chase Manhattan Bank.
Alla fine del 1998, il titolo aveva perso il 20% (4,33 euro). Le banche dell'élite, la Chase Manhattan e la Lehman Brothers,  si fecero avanti per attuare un'opa. Attraverso Colaninno, che ricevette finanziamenti dalla Chase Manhattan, l'Olivetti diventò proprietaria di Telecom. L'Olivetti era controllata dalla Bell, una società con sede a Lussemburgo, a sua volta controllata dalla Hopa di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno.
Il titolo, che durante l'opa era stato fatto salire a 20 euro, nel giro un anno si dimezzò. Dopo pochi anni finirà sotto i tre euro.
Nel 2001 la Telecom si trovava in gravi difficoltà, le azioni continuavano a scendere. La Bell di Gnutti e la Unipol di Consorte decisero di vendere a Tronchetti Provera buona parte loro quota azionaria in Olivetti. Il presidente di Pirelli, finanziato dalla J. P. Morgan, ottenne il controllo su Telecom, attraverso la finanziaria Olimpia, creata con la famiglia Benetton (sostenuta da Banca Intesa e Unicredit).
Dopo dieci anni dalla privatizzazione della Telecom, il bilancio è disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone sono state licenziate, i titoli azionari hanno fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti sono aumentati e la società è in perdita.
La privatizzazione, oltre che un saccheggio, veniva ad essere anche un modo per truffare i piccoli azionisti.
La Telecom , come molte altre società, ha posto la sua sede in paesi esteri, per non pagare le tasse allo Stato italiano. Oltre a perdere le aziende, gli italiani sono stati privati anche degli introiti fiscali di quelle aziende. La Bell, società che controllava la Telecom Italia, aveva sede in Lussemburgo, e aveva all'interno società con sede alle isole Cayman, che, com'è noto, sono un paradiso fiscale.
Gli speculatori finanziari basano la loro attività sull'esistenza di questi paradisi fiscali, dove non è possibile ottenere informazioni nemmeno alle autorità giudiziarie. I paradisi fiscali hanno permesso agli speculatori di distruggere le economie di interi paesi, eppure i media non parlano mai di questo gravissimo problema.
Mettere un'azienda importante come quella telefonica in mani private significa anche non tutelare la privacy dei cittadini, che infatti è stata più volte calpestata, com'è emerso negli ultimi anni.
Anche per le altre privatizzazioni, Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia ecc., si sono verificate le medesime devastazioni: licenziamenti, truffe a danno dei risparmiatori, degrado del servizio, spreco di denaro pubblico, cattiva amministrazione e problemi di vario genere.
La famiglia Benetton è diventata azionista di maggioranza delle Autostrade. Il contratto di privatizzazione delle Autostrade dava vantaggi soltanto agli acquirenti, facendo rimanere l'onere della manutenzione sulle spalle dei contribuenti.
I Benetton hanno incassato un bel po' di denaro grazie alla fusione di Autostrade con il gruppo spagnolo Abertis. La fusione è avvenuta con la complicità del governo Prodi, che in seguito ad un vertice con Zapatero, ha deciso di autorizzarla. Antonio Di Pietro, Ministro delle Infrastrutture, si era opposto, ma ha alla fine si è piegato alle proteste dell'Unione Europea e alla politica del Presidente del Consiglio.
Nonostante i disastri delle privatizzazioni, le nostre autorità governative non hanno alcuna intenzione di rinazionalizzare le imprese allo sfacelo, anzi, sono disposte ad utilizzare denaro pubblico per riparare ai danni causati dai privati.
La società Trenitalia è stata portata sull'orlo del fallimento. In pochi anni il servizio è diventato sempre più scadente, i treni sono sempre più sporchi, il costo dei biglietti continua a salire e risultano numerosi disservizi. A causa dei tagli al personale (ad esempio, non c'è più il secondo conducente), si sono verificati diversi incidenti (anche mortali). Nel 2006, l 'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, si è presentato ad una audizione alla commissione Lavori Pubblici del Senato, per battere cassa, confessando un buco di un miliardo e settecento milioni di euro, che avrebbe potuto portare la società al fallimento. Nell'ottobre del 2006, il Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, approvò il piano di ricapitalizzazione proposto da Trenitalia. Altro denaro pubblico ad un'azienda privatizzata ridotta allo sfacelo.
Dietro tutto questo c'era l'élite economico finanziaria (Morgan, Schiff, Harriman, Kahn, Warburg, Rockfeller, Rothschild ecc.) che ha agito preparando un progetto di devastazione dell'economia italiana, e lo ha attuato valendosi di politici, di finanzieri e di imprenditori. Nascondersi è facile in un sistema in cui le banche o le società possono assumere il  controllo di altre società o banche. Questo significa che è sempre difficile capire veramente chi controlla le società privatizzate. E' simile al gioco delle scatole cinesi, come spiega Giuseppe Turani: "Colaninno & soci controllano al 51% la Hopa, che controlla il 56,6% della Bell, che controlla il 13,9% della Olivetti, che controlla il 70% della Tecnost, che controlla il 52% della Telecom".
Numerose aziende di imprenditori italiani sono state distrutte dal sistema dei mercati finanziari, ad esempio la Cirio e la Parmalat. Queste aziende hanno truffato i risparmiatori vendendo obbligazioni societarie ("Bond") con un alto margine di rischio. La Parmalat emise Bond per un valore di 7 miliardi di euro, e allo stesso tempo attuò operazioni finanziarie speculative, e si indebitò. Per non far scendere il valore delle azioni (e per venderne altre) truccava i bilanci.
Le banche nazionali e internazionali sostenevano la situazione perché per loro vantaggiosa, e l'agenzia di rating, Standard & Poor's, si è decisa a declassare la Parmalat soltanto quando la truffa era ormai nota a tutti.
I risparmiatori truffati hanno avviato una procedura giudiziaria contro Calisto Tanzi, Fausto Tonna, Coloniale S.p.a. (società della famiglia Tanzi), Citigroup, Inc. (società finanziaria americana), Buconero LLC (società che faceva capo a Citigroup), Zini & Associates (una compagnia finanziaria americana), Deloitte Touche Tohmatsu (organizzazione che forniva consulenza e servizi professionali), Deloitte & Touche SpA (società di revisione contabile), Grant Thornton International (società di consulenza finanziaria) e Grant Thornton S.p.a. (società incaricata della revisione contabile del sottogruppo Parmalat S.p.a.).
La Cirio era gestita dalla Cragnotti & Partners. I "Partners" non erano altro che una serie di banche nazionali e internazionali. La Cirio emise Bond per circa 1.125 milioni di Euro. Molte di queste obbligazioni venivano utilizzate dalle banche per spillare denaro ai piccoli risparmiatori. Tutto questo avveniva in perfetta armonia col sistema finanziario, che non offre garanzie di onestà e di trasparenza.
Grazie alle privatizzazioni, un gruppo ristretto di ricchi italiani ha acquisito somme enormi, e ha permesso all'élite economico-finanziaria anglo-americana di esercitare un pesante controllo, sui cittadini, sulla politica e sul paese intero.
Agli italiani venne dato il contentino di "Mani Pulite", che si risolse con numerose assoluzioni e qualche condanna a pochi anni di carcere.
A causa delle privatizzazioni e del controllo da parte della Banca Centrale Europea, il paese è più povero e deve pagare somme molto alte per il debito. Ogni anno viene varata la finanziaria, allo scopo di pagare le banche e di partecipare al finanziamento delle loro guerre. Mentre la povertà aumenta, come la disoccupazione, il lavoro precario, il degrado e il potere della mafia.
Il nostro paese è oggi controllato da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti propagandati come "autorevoli" (Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), di tagliare la spesa pubblica, di privatizzare quello che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla popolazione italiana. I nostri governi operano nell'interesse di questa élite, e non in quello del paese.

(Fonte: www.disinformazione.it/svendita_italia2.htm - 12 marzo 2007)

(Postato il 20 ottobre 2013)

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DENUNCIAMO GLI ASSASSINI (La truffa dell’Euro)

di D’Auria Giancarlo Evaldo

Nel mondo esiste la cattiva abitudine di denunciare l’arma del delitto (ingrandisci foto a fianco) ma non l’assassino.
Molti articoli (non solo nel web, ma ovunque) partono analizzando soltanto l’arma del delitto (l’euro), ma non cercano di svelare i mandanti, gli esecutori, il movente ed i complici dell’assassinio delle democrazie e degli stati nazionali. Chi vuole prenderci in ostaggio e che cosa possiamo fare per liberarci? Non è l’euro in sé per sé che vuole ucciderci, ma chi lo gestisce a suo piacimento e sicuramente chi lo gestisce sta solamente eseguendo un ordine che gli è stato dato dall’alto.
L’euro è un arma per tenere i popoli europei in ostaggio e gli stati europei sotto scacco. Ci siamo mai domandati chi la sta impugnando? Ci siamo mai chiesti da chi è partito l’ordine di impadronirsi delle sovranità nazionali, di tenere in ostaggio i popoli europei, segregandoli in un angolo con le briciole? Chi sono i nostri carcerieri?
Non dobbiamo prendercela con l’euro se ci hanno impoveriti: esso è stato solamente un mezzo per sottrarci ricchezze e sovranità. I veri colpevoli – oggi grazie a Dio noti e conosciuti in tutto il Web – sono ben altri…! Supponiamo ora di togliere l’arma dell’euro dalle mani dei criminali che lo hanno gestito contro gli stati nazionali, lasciando però quegli assassini liberi di tornare ad agire indisturbati. Cosa farebbero secondo voi? Non troverebbero un altro mezzo per assoggettarci di nuovo? Pensate un attimo, per esempio, alla moneta unica mondiale che presenteranno al prossimo EXPO di Milano, e capirete ciò che voglio dire…!
Semplicemente denunciare l’euro (come oggigiorno si sente dire ovunque, in Europa) rimane una denuncia sterile e poco utile se non si ha il coraggio di affermare che l’euro non è un fallimento (come oggi sentiamo dire e ci vogliono far credere…), ma è invece la massima realizzazione del progetto di chi l’ha voluto.
Paradossalmente, molti insigni economisti contemporanei, che tanto decantano l’uscita dall’euro, sostengono che la colpa è solo E SOLO dell’euro, e non di Mario Draghi, della BCE o delle oligarchie al potere. Quasi a voler negare o sminuire questa evidenza. I popoli europei non hanno mai contato nulla, e le oligarchie oggi al potere non solo vogliono assoggettare ed impoverire il popolo europeo, ma lo disprezzano così come disprezzano le democrazie e le sovranità nazionali.
La mia idea su Mario Draghi è molto chiara e palese. Draghi è membro del Gruppo Bilderberg, della Commissione Trilaterale, della Goldman Sachs (responsabile della crisi sui mercati) e del Gruppo dei Trenta (i trenta più potenti e spietati esponenti dell’alta finanza mondiale). Proprio Mario Draghi, nel 1992, sulla nave Britannia dei reali inglesi, ha svenduto parte del nostro patrimonio pubblico e dei nostri gioielli di famiglia, seduto al fianco di Soros, che causerà il crollo della lira del 30% qualche mese dopo, per permettere ai potenti della finanza speculativa mondiale di acquistare con quattro soldi le aziende che Draghi ed altri servivano su un piatto d’argento. Questo venne sottolineato da una Tv tedesca e lo ammise anche Benito Livigni, che allora era al vertice di ENI ed era presente con Draghi sul “Britannia”.
La truffa dell’euro ebbe modo di manifestarsi nel modo più sconvolgente possibile, in Italia, nel novembre del 2011, allorché fu fatto praticamente un colpo di stato finanziario, destituendo Berlusconi e innalzando al potere un certo Mario Monti…!
La BCE (Banca Centrale Europea), in quel tragico autunno novembrino, iniziò le iniezioni di liquidità allo Stato italiano soltanto dopo che il governo Berlusconi (democraticamente eletto) era stato fatto cadere; ma quei prestiti di oltre mille miliardi di euro all’1% fu dato solamente alle banche, nulla invece di aiuti all’economia reale. Fu proprio Mario Draghi a mandare la lettera al governo in carica, destabilizzandolo con proposte finanziarie inapplicabili nel tempo richiesto, e l’ha scritta insieme a Jean Claude Trichet, che appartiene come lui al Gruppo dei Trenta e che proprio in quei mesi si daranno il cambio alla presidenza della Banca Centrale Europea. Quella stessa Bce i cui emissari, il giorno che Mario Monti venne “frettolosamente” nominato senatore a vita da Giorgio Napolitano, andarono in commissione bilancio e, come denunciato dal senatore Garavaglia, li minacciarono chiaramente che se non avessero sostenuto il futuro governo Monti avrebbero fatto impazzire lo spread, non acquistando per due mesi i titoli di stato italiani. Infatti fu proprio il pazzesco (e pilotato) aumento dello spread a far cadere il governo Berlusconi. Non a caso la Goldman Sachs effettuò una massiccia vendita di BTP, e la Deutsche Bank vendette l’88% dei titoli italiani; il tutto nel primo semestre del 2011, quando lo spread era ancora regolare e il governo Berlusconi era ancora in sella. E intanto Mario Monti, dal 9 al 12 Giugno del 2011, quindi a 5 mesi dal suo incarico alla presidenza del consiglio, era chiuso in un albergo a Saint Moritz, per 3 giorni di fila, con i 120 uomini più importanti della finanza mondiale, tra cui anche Josef Ackermann, presidente della Deutsche Bank, Peter Sutherland, presidente della Goldman Sachs e con il presidente della BCE Jean Claude Trichet. Stavano sicuramente progettando l’imminente golpe finanziario italiano…!
Quell’estate a Saint Moritz, Mario Monti (almeno ufficialmente) era andato semplicemente a salutare De Benedetti, come riportato nel libro di Alan Friedman, giornalista di fama mondiale. Purtroppo in Italia una partita di calcio fa più notizia di un incontro a porte chiuse tra i 120 uomini più importanti del mondo. Ecco perché il Bilderberg si riunisce puntualmente ogni anno dal 1954 e sui nostri giornali nessuno ha mai scritto una sola riga riguardo quelle conferenze, sebbene sugli spostamenti di Monti, in quell’estate del 2011, sono stati scritti interi libri e abbiamo visto decine di trasmissioni televisive.
Chiuso ”il capitolo Monti”, passo a vagliare i principali episodi e i trattati che hanno favorito le speculazioni finanziarie dell’oligarchia bancaria mondiale al potere, a sfavore dei popoli e delle sovranità nazionali. Elenco i nomi dei responsabili e cerco di capire se c’è (ma state pur certi che c’è…) un “filo di Arianna” che li collega gli uni agli altri, anche se provenienti da periodi e continenti diversi. Sottolineo poi i nomi delle banche che hanno speculato per vedere a chi facessero capo e se ci fosse un collegamento tra loro ed i responsabili succitati. Mi trovo così davanti un quadro della situazione agghiacciante: personaggi che apparentemente non avevano nulla in comune, se non quello di aver redatto leggi o trattati a favore della finanza e a discapito dei popoli, provenivano invece tutti dalle stesse lobby e dalle stesse organizzazioni (che strana coincidenza, vero…?). Questi sono i 6 Gruppi principali, quelli comuni a tutti: Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale, Aspen Institute, Council On Foreign Relations (CFR), Royal Institute of International Affairs (RIIA), Gruppo dei Trenta.
Quindi è lecito chiedersi: datosi che tutti i personaggi - che hanno favorito la finanza speculativa ed hanno remato per togliere sovranità ai popoli - hanno tutti in comune l’appartenenza a queste organizzazioni (coincidenze?), che cosa hanno in comune queste organizzazioni sovranazionali tra di loro? La risposta è semplicemente agghiacciante. Questi “Gruppi” hanno tutti gli stessi ideatori (legati soprattutto alle dinastie Rockefeller e Rotschild) e gli stessi gruppi bancari finanziatori di riferimento, su tutti ci sono: Goldman Sachs, Deutsche Bank, JP Morgan Chase, i cui presidenti sono membri di quelle organizzazioni e i cui azionisti di maggioranza sono spesso i membri di quelle dinastie. È tutto quindi collegato e chiaramente palese. Allora l’ultima domanda che mi sono posto era quella per capire quale fosse l’ideologia di queste organizzazioni, da cosa fossero ispirati, quali fossero i loro scopi. Cito in proposito alcune affermazioni di questi (me lo permettete?) assassini, che sono molto eloquenti:
“La sovranità sovranazionale di una elite intellettuale e di banchieri mondiali è sicuramente preferibile all’autodeterminazione nazionale che è stata praticata negli ultimi secoli”. (David Rockefeller);
“Siamo sull’orlo di una trasformazione globale. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è la “giusta” crisi globale e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale”. (David Rockefeller);
“Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi”. (Mayer Rothschild);
“La popolazione, i governi e le economie di tutti i paesi devono soddisfare le necessità delle banche e delle imprese multinazionali”. (Edward Mandell House, fondatore del CFR).
Leggendo poi i loro documenti ufficiali, in particolare quelli della Commissione Trilaterale, per capirne l’ideologia, è palese che intendono di riportare il dominio delle elite sui popoli, il tutto scritto nel loro manifesto ufficiale “La crisi della democrazia”. Si legge infatti in quelle pagine: “La democrazia è solo una delle fonti dell’autorità e non è neppure sempre applicabile. In alcuni casi si deve mettere da parte la legittimazione democratica”. Incredibilmente (ma non molto, però…), quelli che per noi sono i diritti fondamentali di uno stato democratico, loro invece li definiscono “disfunzioni della democrazia” od “eccesso di democrazia”.
Ricordiamo che la Commissione Trilaterale è stata voluta da Rockefeller della JP Morgan, una delle banche incriminate per aver causato la crisi sui mercati e che recentemente ha fatto sapere che “In Europa dobbiamo stracciare le nostre Costituzioni”. Tra i fondatori c’è anche Henry Kissinger, accusato di crimini contro l’umanità avendo appoggiato diversi colpi di stato militari, come quello di Pinochet in Cile ai danni di Allende, dove il suo “appoggio a Pinochet” è testimoniato da documenti ormai resi pubblici.
Non c’è nulla di misterioso o occulto. Queste organizzazioni vogliono la fine degli stati nazionali e l’accentramento del potere in mano ad entità sovranazionali non elette dal popolo. L’Unione Europea e la Troika (BCE, FMI e Banca Mondiale) rientrano in questo progetto. Vogliono togliere agli stati nazionali la sovranità monetaria e la possibilità di emettere una propria moneta. L’euro rientra in questo progetto. Avevano bisogno di creare situazioni di emergenza per far si che i popoli accettassero misure straordinarie senza legittimazione democratica e contrarie ai principi sanciti dalla Costituzione. La crisi economica rientra in questo progetto. Volevano mettere i propri uomini al potere per far si che facessero leggi che favorissero le speculazioni finanziarie, i potentati bancari e le multinazionali ad essi collegate. I governi tecnici rientrano in questo progetto. Nulla è stato lasciato al caso. Nulla è avvenuto per caso. L’euro e l’Europa non stanno fallendo, anzi, stanno realizzando in pieno i progetti di chi li ha voluti.
La fondamenta dell’attuale Unione Europea sono state gettate in un gruppo che si chiamava Movimento Europeo, fondato da un gesuita di nome Joseph Retinger che (coincidenza?) è proprio il fondatore del Gruppo Bilderberg. È chiaro quindi il motivo per cui il presidente del Bilderberg, Etienne Davignon, per anni tra i più acclamati e seguiti commissari europei e candidato più volte alla presidenza della Commissione, confessò anni fa, in una intervista, che l’euro era stato deciso proprio durante una di quelle riunioni a porte chiuse dai suoi membri. Sono chiare adesso anche le parole di Attali, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea: “L’euro non è certamente stato creato per la gioia della plebaglia europea”.
Vediamo ora in dettaglio i principali avvenimenti in Italia, dal 1981 ad oggi, che ci hanno sottomesso al volere della finanza, sottraendoci sovranità nazionale e popolare.
Nel 1981 avviene il “divorzio” tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro: la Banca d’Italia veniva sollevata dall’obbligo di acquistare i titoli di Stato rimasti invenduti. Lo Stato veniva a trovarsi in balia dei mercati finanziari e delle banche, che lo costringeranno a pagare loro interessi sempre maggiori, per risanare il debito pubblico. La decisione del 1981, insieme a quella di aderire allo SME del 1979, sono inequivocabilmente le cause principali della abnorme crescita del debito pubblico in Italia e della perdita della sovranità monetaria. Tutto avvenne tramite una comunicazione scritta che Beniamino Andreatta, ministro del Tesoro nel 1981 (e membro del Bilderberg, poi parteciperà anche alla riunione sul Britannia nel 1992) consegnò a Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca Governatore della Banca d’Italia (e membro del Bilderberg…).
Nel gennaio del 1992, con la legge Amato-Carli, vengono privatizzati gli istituti di credito e gli enti pubblici. In pratica diventano private le banche che possedevano le azioni della Banca d’Italia, in violazione del suo statuto. Nel febbraio del 1992, fu varata da Guido Carli (membro del Group Bilderberg) la legge che attribuisce alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro), senza chiedere più il parere del ministero del Tesoro. Il Governo italiano diventa così completamente estraneo alla politica monetaria della Banca d’Italia, che viene di fatto affidata a dei privati.
In quello stesso giorno (7 febbraio) del 1992, viene firmato il Trattato di Maastricht voluto fortemente da Romano Prodi (membro del Bilderberg, della Commissione Trilaterale e della Goldman Sachs). Viene quindi ceduta la sovranità monetaria alla BCE: “La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità Europea”. I firmatari italiani furono: Giulio Andreotti come Presidente del Consiglio, Gianni De Michelis come Ministro degli Esteri (membro del Bilderberg e dell’Aspen Institute), Guido Carli come Ministro del Tesoro (membro Bilderberg).         
Nel dicembre del 2006 viene modificato l’articolo 3 dello Statuto della Banca d’Italia, che prevedeva la partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici. Il decreto è firmato dal presidente del Consiglio Romano Prodi (membro Bilderberg, Trilaterale, Goldman Sachs) dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (membro dell'Aspen Institute) e dal Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa (membro Bilderberg, Aspen Institute, Commissione Trilaterale, Gruppo dei Trenta).

Nello stesso periodo diventa governatore della Banca d’Italia Mario Draghi (membro Bilderberg, Goldman Sachs, Commissione Trilaterale, Gruppo dei Trenta).
Nel 2007 viene firmato il Trattato di Lisbona da Romano Prodi e Massimo D’Alema. L’Italia cede ogni sovranità all’Unione Europea. Ricordiamo che il testo è lo stesso della Costituzione Europea bocciata nei paesi dov’era stata proposta con referendum (Francia e Olanda). Viene quindi riproposto per intero, reso illeggibile e fatto accettare senza chiedere più il consenso al popolo. E’ una implicita dichiarazione di guerra ai popoli.
Nel 2011 e nel 2012 vengono firmati da Mario Monti il Fiscal Compact, il Meccanismo Europeo di stabilità, il Six Pack, l’introduzione in Costituzione del pareggio di Bilancio.
Mario Monti era Presidente europeo della Commissione Trilaterale, membro del Direttivo del Club Bilderberg ed ex international advisor della Goldman Sachs. Divenne quindi, il “buon Mario”, Presidente del Consiglio, guidato dalla lettera di Trichet e Draghi (entrambi del Gruppo dei Trenta, del Bilderberg e della Commissione Trilaterale), grazie allo spread impazzito a causa anche della massiccia vendita di BTP effettuata proprio da quelle banche i cui presidenti sedevano con Monti al Bilderberg pochi mesi prima e grazie alle intimidazioni effettuate dagli emissari della BCE (alla commissione Bilancio in Parlamento), la stessa Banca Centrale Europea che la settimana prima dell’arrivo al governo di Monti era passata in mano a Mario Draghi. Stessa cosa accadrà in Grecia, dove un governo democraticamente eletto cederà il posto al governo tecnico di Papademos,  membro del Bilderberg, della Trilaterale, della Goldman Sachs e proveniente dalla BCE. Papademos era governatore della banca di Grecia quando vennero truccati i conti ellenici per entrare nell’euro con l’aiuto della Goldman Sachs. Papademos è stato poi chiamato nella commissione per la ricapitalizzazione della nostra Banca d’Italia, con la quale sono stati regalati miliardi alle banche private.
Un macello, in pratica. Più che una regia occulta (come inconsciamente sostenuto da molti), qui si tratta di un vero e proprio inganno palese. Questa che oggi abbiamo sotto gli occhi non è l’Europa dei popoli. Queste organizzazioni “criminali” non hanno mai prestato attenzione ai popoli: è stato un golpe finanziario, punto e basta…! Nel novembre del 2011 cadono (contemporaneamente) i governi democraticamente eletti in Italia ed in Grecia, e salgono al potere Mario Monti come Primo Ministro italiano, Mario Draghi come Presidente alla BCE, e Papademos come Primo Ministro in Grecia.
Ma non finisce qui…!
Nel 2012 Enrico Letta (membro dell’Aspen Institute e della Commissione Trilaterale) è il politico italiano che sostituisce Mario Monti alla riunione del Bilderberg (Letta allora non era né segretario del suo partito né candidato alla presidenza del consiglio). Qualche mese dopo sarà proprio Letta a sostituire Monti alla presidenza del consiglio, per continuare le medesime politiche di austerità e cessioni di sovranità.
La situazione è più complessa, ma sempre con gli stessi responsabili, se guardiamo la situazione mondiale. Citerò ad esempio due dei principali avvenimenti. Nel 1971, a Camp David, il Presidente statunitense Richard Nixon (membro del CFR di Rockefeller) pone fine ai trattati di Bretton Woods: il dollaro non è più convertibile in oro e la moneta viene creata dal nulla. Nel 1999 Bill Clinton abolisce la Glass Steagal Act, una legge che prevedeva l’introduzione di una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento. La sua abolizione apre le porte alle speculazioni. Clinton era membro del club Bilderberg, membro del CFR e membro della Commissione Trilaterale. Partecipa alla riunione del Bilderberg nel 1991, vince le primarie del Partito Democratico e da Governatore dell’Arkansas diventa Presidente degli Stati Uniti nel 1992.
Nonostante tutto ciò che ho scritto, comunque, affermo decisamente che non è tutta colpa del Bilderberg; come ho anche spiegato per l’Euro. Se la moneta unica è l’arma che hanno usato contro i popoli europei, il Bilderberg è invece soltanto uno dei quartier generali della oligarchia finanziaria al potere. Il pericolo numero Uno, come ho evidenziato, è la loro ideologia, quella che perseguono con la connivenza dei giornali, delle TV e dei nostri politici, un vero e proprio attacco diretto ai popoli e alle sovranità nazionali.
Che fare allora? Dobbiamo liberare l’Italia dagli invasori, smettendola però di parlare di crisi, che sono pilotate, progettate a tavolino per impoverirci, e parlare invece di golpe finanziario, perché questo è quello che in realtà è successo e sta succedendo. Dobbiamo avere il coraggio di denunciare gli assassini della nostra democrazia, e non prendercela con quella che è solamente la loro arma: l’euro. (Postato il 12 maggio 2014)

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